di Giulia De Maio
Qualcuno lo chiama ancora Giro Baby ma la corsa rosa dei giovani è tutt’altro che una faccenda per ragazzini. Dal 7 al 16 giugno abbiamo vissuto dieci giorni intensi che ci hanno permesso di scoprire i talenti del ciclismo mondiale. Ragazzi giovani e promettenti che hanno viaggiato “a tutta” risalendo l’Italia, regalandoci volti nuovi e grandi speranze per il futuro del nostro amato sport a due ruote.
Dal prologo di Forlì alla cronometro conclusiva di Ca’ del Poggio abbiamo conosciuto la gioia, il sudore, le lacrime e i sogni dei campioni di domani. A brindare sul podio finale è stato il russo Alexander Vlasov, portacolori della Gazprom Rusvelo, che ha disputato il Giro d’Italia Giovani Under 23 Enel con la selezione della Nazionale Russa macinando 1.197,2 km in 29.57' 42” alla media di 39,953 km/h.
Nato il 23 aprile 1996, già secondo in classifica quest’anno alla Toscana Terra di Ciclismo Eroica e vincitore del Piccolo Giro dell'Emilia 2017, ha sbaragliato l’agguerrita concorrenza.
A metà strada tra Venezia e le Dolomiti, sulla salita simbolo delle colline del Prosecco, Vlasov è riuscito ad incrementare il proprio vantaggio, mentre alle sue spalle l’australiano Robert Stannard (Mitchelton-BikeExchange), migliore dell’ultima tappa e vincitore della classifica a punti, e il portoghese Joao Almeida (Hagens Berman Axeon), in maglia bianca di miglior giovane, con una splendida rimonta, andavano a recuperare posizioni su chi li precedeva in classifica, guadagnando un posto sul podio finale.
Il russo, che in questa stagione aveva partecipato a corse professionistiche come l’Abu-Dhabi Tour, la Tirreno-Adriatico, la Milano-Sanremo e il Tour of the Alps, con un epilogo fantastico, emozionante e incerto fino all’ultimo sul Muro di Ca’ del Poggio ha conquistato il simbolo del primato facendo commuovere chi lo ha diretto in ammiraglia attraverso Emilia-Romagna, Lombardia, Trentino e Veneto.
Paolo Rosola non sta nella pelle e, anche a distanza di giorni, fatica a contenere l’emozione per la vittoria nel Giro del suo pupillo: «Uff... è incredibile... Vlasov è stato bravissimo ma la vittoria è di tutta la squadra. Renat Khamidulin è stato bravissimo a cementare il gruppo e abbiamo dimostrato che quando si lavora di squadra si ottengono grandi risultati. E sono convinto che questa generazione di talenti possa darci grandi soddisfazioni. E aggiungo che questo Giro ha fatto capire ad Alexander che se fa le cose per bene può davvero andare lontano. Gli auguro di percorrere tanta strada, è un ragazzo serio, molto intelligente e sa dove vuole arrivare. Ha tutte le carte in regola per diventare un campione».
Per uno che in tredici anni da professionista ha vinto dodici tappe al Giro d'Italia e da tecnico ha portato Paola Pezzo a vincere due titoli olimpici nel cross country, un’emozione e dichiarazione tutt’altro che scontate.
Alexander, che ha vissuto gli ultimi tre anni a Vigevano e corso per la Viris, dopo le premiazioni in perfetto italiano ci ha raccontato: «Nella crono finale sono partito subito forte per cercare di non fare rientrare Donovan e sono andato a tutta fino ai piedi del Muro, poi ho gestito il vantaggio. La tappa più dura? La sesta, quando sono andati via quattro uomini molto pericolosi (Osorio, Stannard, Bennett e Donovan, ndr). La crono? È stata molto tecnica, avevo paura che Donovan mi prendesse per poi fregarmi nel finale. Sono stati 10 giorni duri, con tanta salita, alla fine hanno contato le gambe. Adesso sogno di correre il Giro “vero”, quello dei professionisti, l'anno prossimo o nel futuro e, chissà, magari di indossare la maglia rosa».