di Giulia De Maio
Per crescere e garantirsi un futuro professionale, come tanti talenti del nostro Paese, ha scelto di preparare le valigie e trasferirsi all’estero. Alle tante squadre Under 23 di casa nostra che gli facevano la corte, Edoardo Affini ha preferito la Continental olandese Seg Racing Team. E la sua scelta si sta rivelando vincente. Dopo i tanti risultati ottenuti nelle categorie giovanili, il mese scorso è sbocciato mettendosi in mostra al Giro d’Italia e conquistando di prepotenza il Campionato Italiano in linea. Appena ha avuto l’occasione di riassaporare le strade di casa, davanti agli occhi dei suoi cari che hanno assecondato la sua scelta di passare gran parte dell’anno a Maastricht a costo di un po’ di nostalgia, ha fatto vedere di che pasta è fatto.
Il ventiduenne mantovano di Buscoldo, vincitore del cronoprologo di Forlì e prima maglia rosa del Giro Giovani, si è imposto per distacco sul traguardo di Taino, nel Varesotto, facendosi con un giorno di anticipo un bellissimo regalo di compleanno. Affini ha corso con intelligenza, sfruttando il lavoro delle altre squadre: una condotta di gara obbligata visto che al via era da solo. Milita infatti in una squadra straniera ed è il solo corridore italiano fra tanti olandesi e inglesi che compongono il team che ha sede ad Amsterdam e fa capo ad un’agenzia di procuratori che gestisce giovani talenti del mondo dello sport. «Sono molto felice per questo successo che ho desiderato tanto - ha dichiarato a fine gara, dopo aver tagliato il traguardo a braccia alzate, precedendo di 9” Dainese e Corradini. - La gara non si era messa bene, ma abbiamo tenuto duro e siamo riusciti a recuperare su un gruppo di avversari molto numeroso, che a metà corsa sembrava aver segnato la differenza fra i migliori di giornata. Dopo una serie di scatti, sono rimasto al comando con Pasquale Abenante (Zalf Euromobil Fior), Matteo Baseggio (Work Service Videa) e Yuri Colonna (Petroli Firenze) finché a cinque chilometri dall’arrivo, al terzo attacco, sono riuscito a piazzare quello decisivo. Ho rischiato, non sono veloce e quindi ho provato a partire da lontano» ci racconta dopo aver abbracciato la sorella Caterina. Già, perché proprio la famiglia è il miglior portafortuna del neo campione tricolore.
«I miei genitori Stefania e Roberto sono venuti al Giro e ho vinto la tappa inaugurale, vestendo la maglia rosa. Con il team e tutto lo staff avevamo lavorato tanto per preparare quell’obiettivo, che per me ha avuto un sapore speciale. Poi sono venuti a Taino e ho vinto il titolo di campione italiano. Era la prima volta che mi vedevano dal vivo in gara quest’anno, il Giro e i Campionati Italiani sono una delle pochissime possibilità che hanno per seguirmi ed è bello che siano stati presenti a far festa con me. E stasera una bottiglia ce la stappiamo, perché questa maglia va festeggiata».
Una tricolore talmente bello che Edoardo ora sogna il bis a cronometro. Un obiettivo alla portata di questo cordiale ragazzone di 190 centimetri che sulle rampe del “Tainenberg” si è dimostrato un gigante.
In passato si era già messo in luce con il titolo europeo juniores di Nyon nel 2014, l’anno del 4° posto al mondiale di Ponferrada. Sogna la Roubaix, si ispira a Cancellara e forse è per questo che sta viaggiando così forte sia a cronometro che nelle prove in linea.
«Queste sono praticamente le uniche corse in Italia o quasi che disputerò quest’anno, essere protagonista al Giro sia in prima persona che in appoggio al mio compagno Stephen Williams e indossare la maglia tricolore è davvero bellissimo. Molti mi hanno dato del matto quando ho deciso di andare all’estero, ma io resto convinto della bontà della mia scelta, che mi permette di crescere confrontandomi con i professionisti e con i migliori talenti in circolazione in competizioni di alto livello. E ora comincio a vincere».
Si vocifera di un suo passaggio tra i professionisti dalla stagione 2019, ma per il momento Edoardo preferisce restare concentrato sul futuro immediato.
«Dopo i Giochi del Mediterraneo, metto nel mirino la cronometro tricolore e l’Europeo. Provarci è d’obbligo». Il ferro va battuto finché è caldo.