Editoriale
LAVERITÀ:MEDICINAMIGLIORE.Adesso, forse, potrà restarsene in pace, nella speranza di poter recuperare quella serenità che da troppo tempo è stata smarrita.
Marco Pantani sta male, sta male da tempo. Lo si sapeva, tutti sapevano: in gruppo e fuori dal gruppo. Su di lui si erano anche costruite, in questi quattro anni di tormenti, le più svariate leggende. Finalmente il meccanismo morboso dell’omertà è stato rotto. La verità è venuta a galla: Marco sta male e ha bisogno di assoluta tranquillità per risalire la china, per liberarsi dalla morsa di quel «male oscuro».
Sia chiaro: il tentativo di proteggere Marco è stato umanissimo e comprensibile, ma come ha avuto modo di osservare Sergio Ghisleni su La Gazzetta dello Sport, la privacy impone il rispetto, non le bugie. Bastava una mezza verità, per chiedere comprensione e discrezione. L’ambiente avrebbe capito, i media anche, i tifosi si sarebbero stretti a lui, come del resto è accaduto.
Non sono stati assolutamente piacevoli questi ultimi mesi di «misteri & bugie», nei quali si è negata talvolta anche l’evidenza, lasciando però in pasto dei pettegolezzi un ragazzo in difficoltà, che l’opinione pubblica voleva a divertirsi, a godersi la vita alla faccia dei suoi impegni professionali. «Non fa il Tour perché pensa ai fatti suoi: è un lazzarone».
Questi erano i commenti dei più illuminati. No, cari miei, Marco non fa il Tour perché sta male: questa è l’unica, triste verità. Erano forse più edificanti le voci che volevano il nostro assolutamente in balìa dei venti, perso in un labirinto di angosce e patemi? Era forse meglio che di lui si ridesse e lo si liquidasse come si può liquidare un poveretto che merita solo di essere spennato come una gallina dalle uova d’oro?
Una gallina dalle uova d’oro... Visto come l’hanno trattato fino all’ultimo, qualche sospetto ce l’abbiamo: la privacy o il desiderio di proteggere fino in fondo i propri interessi, i propri egoismi, sulla pelle di un ragazzo che sta male? Perché per taluni di questi protettori il motto è sempre stato uno e uno solo: morto un Papa se ne fa un altro.
Tra questi, ne siamo certi, non figura Romano Cenni, il signor Mercatone Uno, che da Pantani ha ricevuto molto, ma quel molto, poi, l’ha dovuto pagare a caro prezzo. Da sempre il patron della Mercatone è legatissimo al nostro Pirata, e per lui ha solo fatto del bene, forse ha pure esagerato. E troppo bene, misto a una buona dose di buonismo, è arrivato anche da Manuela Ronchi, la sua manager, che ha sempre voluto il bene di questo ragazzo affascinante ed enigmatico. Così come i fidatissimi Roberto Conti e Fabiano Fontanelli, che fino all’ultimo hanno battutto il chiodo sull’esigenza che Marco dovesse mettersi nelle mani di una struttura adeguata, per uscire finalmente dal tunnel, da quel labirinto di cattivi pensieri e cattive compagnie. E bravo è stato il dottor Giovanni Greco, medico sensibile e preparato, che opera nel locale SerT e che ne ha disposto il ricovero. Adesso, però, per un po’ di Marco non dovremo più parlare. In questo momento ha solo bisogno del nostro e del vostro affetto e di un po’ di pace. Basta comunicati fiabeschi. Basta storielle patetiche e fuorvianti. In questo periodo troppe bugie sono state scritte e raccontate: la verità sarebbe stata la medicina migliore. Seppur amara.

UNPASSOINAVANTI, MACONRISERVA. La Superlega comincia a prendere forma. Il primo mattoncino è stato posto il 6 giugno scorso, ad Aigle, nella grande casa del ciclismo mondiale. Dal 2005 il professionismo della bicicletta cambierà radicalmente volto. Le squadre di serie A saranno 20 e avranno il diritto-dovere di partecipare a tutte le prove di un supercalendario con una trentina di prove per circa 125 giornate di gara. Ne faranno parte le tre grandi corse a tappe (Giro, Tour, Vuelta), le prove di Coppa del Mondo e le altre gare di «hors categorie».
In questo modo gli organizzatori avranno la garanzia di poter contare sulla partecipazione di tutte le più prestigiose squadre del mondo, ma fondamentale sarà fare un passo successivo: arrivare a garantire la partecipazione dei migliori corridori mondiali per ogni squadra, in modo da evitare che al Giro o al Tour, Telekom, Banesto o chi volete voi, schierino al via le riserve delle riserve. Siamo sulla strada giusta, ma non siamo ancora arrivati a destinazione.

NONCIVOGLIAMOBENE. È stato un mese difficile, complesso, amaro. Gli arresti domiciliari disposti a William Dazzani e a Olivano Locatelli; una impressionante serie di persone coinvolte; altri ragazzi dilettanti finiti nella rete del doping, che dimostrano quanto la strada intrapresa dalla Federciclismo sia quella giusta ma sia ancora maledettameente lunga. Il caso Rumsas, risultato “non negativo” ad un controllo del Giro. Lui che nega e accusa i medici della sua squadra: proprio un gran bel quadretto. Non vogliamo entrare troppo nel merito, perché ci mancano elementi, perché sarà la giustizia ordinaria a fare chiarezza su ogni questione, ma una cosa però ci ha colpito: i verbali delle intercettazioni telefoniche pubblicate da Corriere della Sera e Repubblica. Tutti parlano di tutto, con facilità disarmante, con una superficialità colpevole e deplorevole, accusando a destra e a manca. Sia ben chiaro: non invito all’omertà, ma al rispetto di un ambiente, al rispetto del lavoro degli altri. Al rispetto per gli altri. I Cipollini, i Casagrande chiamati in causa in questi fumosi discorsi da bar non sono stati una bella pubblicità per il nostro sport. Il ciclismo grida il suo dolore e chiede più amore e rispetto. Ma i primi a non rispettarci siamo proprio noi. Noi, piccolo grande mondo delle due ruote silenziose, abituati a fare sempre troppo chiasso.
Pier Augusto Stagi
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