MICHELE SCARPONI: «MUSICA E FANTASIA, VINCENZO MI HA STUPITO»

INTERVISTA | 02/06/2016 | 12:13
Sono due animali. O meglio, i loro soprannomi richiamano due animali importanti e fieri: uno è di cielo, l’altro è di mare. Uno è un’aquila, l’altro è uno squalo. Uno è Michele Scarponi, 36 anni, l’Aquila di Filottrano, tante battaglie alle spalle e anche qualche soddisfazione, come due quarti  e un secondo al Giro che diventa primo a tavolino nel 2011 dopo la squalifica di Contador. L’altro è Vincenzo Nibali, 31 anni di Messina, lo Squalo dello Stretto, che dopo il bis rosa non ha bisogno di ulteriori presentazioni. Quindi parliamo dell’Aquila, che ha scortato in queste tre settimane lo Squalo lungo le strade del Giro, fin sul gradino più alto.
Finalmente casa, tempo di riposo.
«Mica tanto, sono a Livigno da martedì, con mia moglie Anna, i miei due gemellini Giacomo e Tommaso e la nostra cagnolina Lamu: famiglia al completo, per stare un po’ insieme, ma devo tenere o meglio mantenere la condizione del Giro in vista del prossimo impegno, al Giro di Svizzera».

Che voglia…
«Guarda, quando le cose vanno bene e al Giro sono andato bene, la voglia c’è. E poi io, nonostante i 36 anni, ho ancora la gioia di fare questo lavoro. In ogni caso sono fortunato: sono a Livigno, nel mio appartamento (100 metri quadri sopra il negozio di un caro amico Filippo, I’m sport di Livigno, ndr) che per noi ormai è davvero una seconda casa. Qui abbiamo anche tanti amici, e mi serve per ricaricare le pile».

Quale è il segreto del suo entusiasmo per questo sport?
«Mi diverto. Ho passione. Faccio quello che ho sempre sognato di fare. La mia passione è diventata il mio lavoro. Io sono come i miei due bimbi: sono un uomo che continua a giocare».

Tua moglie ha una grande pazienza…
«Come dietro ad ogni grande campione c’è un grande uomo, dietro ad ogni grande uomo c’è una grande donna».

Vuoi dire che dietro a Nibali c’era un grande uomo?...
«Se non grande, perlomeno simpatico. A parte gli scherzi: hai visto cosa ti abbiamo combinato. Siamo partiti che il Giro era vinto, poi lungo la strada l’abbiamo perso e, quando nessuno più ci sperava, l’abbiamo rivinto. Cose che sanno fare solo i corridori: quelli veri».

Come avete fatto?
«Ecco, come abbiamo fatto... Vuoi la verità? Non lo so. Non l’ho capito. Vincenzo è incredibile. È quel che si dice un fuoriclasse. Io ero al mio 11° Giro d’Italia, ne ho viste un po’, ma con lui io resto spesso basito».

Ti offendi se ti definiscono un gregario?
«No, perché dovrei? Io per anni ho corso in proprio, mi sono tolto le mie belle soddisfazioni. Ho vinto un Giro per grazia ricevuta, anche se per me quel secondo posto vale davvero come oro, soprattutto perché ottenuto precedendo sul podio proprio Vincenzo. Poi quando ho cominciato ad invecchiare e soprattutto mi ha chiamato lui, non ho fatto altro che mettere al suo servizio la mia esperienza. Cosa potevo fare: mi ha chiamato uno dei corridori più forti del mondo. Un talento assoluto. Uno che è già nella storia del ciclismo. Io sono il suo uomo di fiducia e di riferimento, secondo te non è gratificante?».

A proposito, fino all’ultimo la tua partecipazione al Giro era in forse, come hai fatto a recuperare?
«La frattura della clavicola sinistra alla Tirreno-Adriatico mi ha davvero fatto correre il rischio di non essere al via dall’Olanda, però mi sono messo sotto e ho recuperato meglio di quanto immaginassi».

Che cosa rende unico Vincenzo?
«È un campione, tutto qui. È difficile da spiegare, ma basta vederlo andare in bicicletta: è un piacere solo osservarlo. È poi è un vero leader, che si espone, combatte, forse pure troppo. Mi piace come interpreta la corsa: è capace di ribaltare situazioni difficili. È fatto così».

Dal Tour del 2014, sei diventato anche il suo compagno di camera…
«Vedi, qualcosa ha imparato… Scherzo, io cerco di dargli serenità. Chi mi conosce sa che io amo scherzare, sdrammatizzare quando è il caso di sdrammatizzare, ma con Vincenzo parlo anche tanto: ci confrontiamo sull’andamento della tappa, di quello che è stato fatto e di come sarebbe stato giusto fare. Io parlo, dico, spiego e lui non mi ascolta. Tu gli parli e lui è assorto nei suoi pensieri».

Beh, non è una bella cosa, questo è un grave difetto. E il suo miglior pregio?
«Sembra che lui pensi sempre a qualcosa d’altro, invece scopri che ha sentito tutto e ha metabolizzato come nessuno».

Al Giro, chi spegneva per primo la luce?
«All’inizio io, sai sono il gregario. Poi dopo la cronoscalata su all’Alpe di Siusi ha cominciato a spegnerla lui: sai, gli ho dato la paga... Poi la paga l’ha data lui a tutti ma ha continuato a spegnere lui: è il capitano».

E chi si svegliava prima al mattino?
«Io, lui dorme come un sasso, non si sveglierebbe mai. Quella è davvero la sua fortuna».

E a colazione?
«Io mangio di più, faccio più fatica».

Il momento più brutto?
«Quando è arrivata la notizia della morte di Rosario Costa, il ragazzino di 14 anni che correva per la squadra di Messina che Vincenzo aveva fortemente voluto allestire. Rosario ci era venuto a trovare qualche giorno prima, aveva mangiato con noi a Catanzaro, poi la notizia terribile: Vincenzo si tiene tutto dentro, ma certe cose lo segnano. Ha sofferto davvero tanto. In quei giorni, poi, non era stato neanche bene, aveva avuto una gastroenterite. Non abbiamo detto nulla per non avvantaggiare troppo i nostri avversari».

Dove avete perso ogni speranza?
«Ad Andalo, li abbiamo toccato il fondo. Sia ben chiaro, non sta me a dire cosa avrebbe dovuto fare, visto che è uno che ha vinto di tutto e di più, ma quel giorno ha avuto troppo fretta di recuperare il tempo perso ed è saltato. Forse l’ha fatto apposta, per creare più “suspance”. Sai come sono i campioni… Più di un campione per me è ormai un regista: alla Hitchcock».

Quando hai pensato: qui gatta ci cova…
«Nella tappa di Pinerolo, quella vinta da Matteo Trentin: è stata una frazione tutt’altro che facile e lì ho visto Vincenzo pedalare per la prima volta molto facile. Mi sono detto: vuoi vedere che siamo sulla buona strada…».

Pensavi che potesse ancora vincere il Giro?
«No, pensavo che potesse arrivare sul podio».

Senza la caduta di Kruijswijk pensi che sarebbe riuscito a portare a casa la seconda maglia rosa?
«Con i se e i ma non si fa la storia. L’olandese era fortissimo, ma sul Colle dell’Agnello l’abbiamo brasato per benino ed è andato in difficoltà. Lui è caduto perché non era lucido: era in apnea, l’ha ammesso anche lui. Certo, perdere quasi 5 minuti non era facile, la caduta ha spalancato una porta a Vincenzo e lui è stato bravissimo ad entrarci per primo».

E a Sant’Anna di Vinadio?
«Il capolavoro. La sera prima ci siamo detti: piedi per terra. Ora si dorme, domani ci si pensa. Il mattino dopo, quello che Martino (Beppe Martinelli, il tattico dell’Astana, ndr) ha pensato, si è avverato. Ogni tassello è andato al posto giusto come speravamo: capita una volta su cento che vada così. Quel giorno è andata».

A livello tecnico Vincenzo come è, un pignolo?
«Pignolissimo, molto esigente e competente: è un meccanico che corre in bicicletta».

Hai capito il segreto di questo successo?
«Certo, corriamo per Vincenzo,  lui ha nelle sue corde queste imprese».

Come spieghi il fatto che questo Giro sofferto e a tratti anche doloroso, abbia reso più popolare Vincenzo rispetto anche al suo successo al Tour nel 2014.
«Gli sportivi hanno capito il momento delicato dell’atleta Nibali, hanno apprezzato l’uomo Nibali che aveva bisogno di aiuto, che non capiva il perché non riuscisse a trovare il colpo di pedale giusto e il tifo degli appassionati che hanno compreso la sua difficoltà è stato fondamentale. Vincenzo in questo Giro aveva una pistola puntata alla tempia: poteva solo vincere e se l’avesse fatto, avrebbe compito comunque una cosa assolutamente ordinaria. Così ha fatto qualcosa di eccezionale, come solo lui è in grado di fare. Sembra davvero che abbia studiato tutto a tavolino. Io ancora adesso mi dico domando: ma come ha fatto a vincere questo Giro d’Italia?».

Ecco, bravo, come ha fatto?
«È Vincenzo Nibali, caro mio. E non c’è altro da chiedersi».

di Pier Augusto Stagi
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COMMENTI
Grande campione !!
2 giugno 2016 12:48 franck
La legenda di questo sport e stata scritta da campione e Nibali fa parte di questa bellissima e grande storia.
Il suo modo di corre la sua umiltà a ravvicinato la gente il popolo a questo sport che a sofferto da anni di una vera politica di distruzione. Non ci sono riuscito perche questo sport popolare nessuno potrà rovinare.
Viva Vincenzo Nibali un patrimonio nazionale da proteggere e sono convinto che fare un Tour alla grande per Aru e si dovrebbe diventare capitano per x motivi lo può anche vincere . Un grande complimenti al signore Scarponi un oltre di essere un grande sportivo di alto livello, e un grande uomo e questo e molto importante.

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