PROFESSIONISTI | 23/03/2016 | 20:52 Filippo Ganna, 19 anni, da Verbania, campione del mondo di inseguimento individuale, in maglia azzurra della Nazionale italiana, dorsale numero 4, alla vigilia della Settimana internazionale Coppi e Bartali.
Pronti? “Via”.
La prima bici della tua vita? “Ce l’ho in camera, smontata, da mettere a posto. Con una di adesso se ne fanno quattro di quelle lì. Mi era stata regalata dai nonni, d’estate, forse per il compleanno. Avrò avuto tre anni. Con quella bici ho collezionato tante cadute e consumato il prato del giardino di casa”.
Le altre bici? “Tutte procurate dalle squadre. E regolarmente restituite alla fine dell’anno”.
Non ne hai tenuta neanche una? “Una sì, pagando: quella che usavo da allievo. Non per me, ma per mio padre Marco. Gli piaceva”.
Ma almeno una bici, con i tuoi soldi, l’hai mai comprata? “Una mountain bike. Per l’inverno”.
La prima cosa che guardi in una bici? “La forma. Non dev’essere sottile, a me piace un po’ bombata”.
Poi? “Guardo che il manubrio sia in linea con la ruota e che la sella sia diritta”.
In caso di necessità, sei capace di aggiustarti la bici? “Se foro una gomma, sì. Se spacco il deragliatore, no. Ma grazie a Dio ci sono i meccanici”.
Che cosa ti metti nelle tasche della maglia? “Il telefono, perché non si sa mai. I soldi, per fermarmi in un bar se vengo preso da una improvvisa crisi di fame. Poi ferri, bomboletta e camera d’aria. E la borraccia, ma quella va sul tubo obliquo del telaio”.
Ti è mai capitata una improvvisa crisi di fame? “La più recente una settimana fa. Sono entrato in un bar e ho ordinato un cappuccino con brioche e tortina”.
I tuoi insegnanti? “Il papà: mi ha inquadrato. La famiglia: mi è stata vicino. I tecnici: chi più chi meno, e Marco Della Vedova più di tutti. I compagni: per darmi morale in certi momenti in cui non saprei che cosa fare. E gli avversari: la loro presenza serve per migliorarmi, o per spingermi a migliorarmi”.
E’ più facile battere gli altri o te stesso? “Gli altri”.
Perché? “Perché non riesco a definire i miei limiti, e allora mi sembra di non dare mai tutto”.
Filippo, il bello della strada? “Guardarsi in giro, scoprire posti e paesaggi, anche se di corsa”.
Il bello della pista? “Non fa mai freddo. Tranne che, qualche volta, a Montichiari”.
In pista? “Ho fatto un po’ di tutto, tranne la velocità”.
Inseguimento: meglio individuale o a squadre? “Nell’inseguimento a squadre si fa più fatica di testa, perché se sbagli tu, fai sbagliare tutti, ed è una responsabilità pesante. Per questo il c.t. Marco Villa, ai Mondiali, non mi ha schierato subito. Invece nell’inseguimento individuale se sbagli tu, paghi tu, è colpa tua e basta”.
La tua prima corsa? “Da G3, ad Alessandria. Terzo. Poi ho smesso: troppa fatica”.
Che cosa ricordi dell’oro mondiale nell’inseguimento? “Il finale: vedevo la pista nera. Avevo dato tutto, ma proprio tutto, più di così non avrei potuto dare”.
L’inseguimento presuppone una posizione perfetta. “Sì, ma quella la devo ancora trovare”.
Filippo, che cosa volevi fare da grande quando eri piccolo? “Il pompiere”.
Poi? “Mi è andata bene: il corridore”.
Il tuo primo eroe? “Un cartone animato”.
Poi? “Fabian Cancellara”.
Lo hai incontrato e conosciuto? “L’ho intravvisto, due anni fa, ai Mondiali di Firenze”.
Il primo autografo chiesto? “A mio padre per uscire di scuola prima del tempo”.
Poi? “Non mi ricordo più”.
Il primo autografo fatto? “Sul mio diario, ma cercando di imitare la firma di mio padre”.
I primi tifosi? “La mia famiglia”.
Luigi Ganna: ti dice qualcosa? “Varesino di Solbiate Olona, vincitore del primo Giro d’Italia, nel 1909”.
Sai che cosa disse, all’arrivo dell’ultima tappa? “No”.
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