L'ORA DEL PASTO. Famiglia Mastromarco

DILETTANTI | 07/03/2016 | 14:00
E’ la Oxford della bicicletta e la Cambridge del ciclismo. Ma nulla di cattedratico: l’aula è la strada, la materia è la fatica, la lezione è la vita.
Ieri, nel teatro comunale di Lamporecchio, nel cuore del triangolo delle Bermuda del ciclismo italiano (copyright sempre a Stefano Benvenuti), è stata presentata la nuova stagione del Gruppo sportivo Mastromarco, un piccolo capolavoro di scuola di ciclismo. Nata nel 1962, fondata sulla lealtà, alimentata dalla passione, cementata dal legame che si crea con gli abitanti e il territorio, la Mastromarco è la società del presidente storico Bruno Malucchi e del presidente attuale Carlo Franceschi, del direttore sportivo Gabriele Balducci e del suo vice Mirko Olivieri, e poi di massaggiatori, meccanici, accompagnatori, sostenitori, appassionati (qui si dice “passionisti”), sedotti e innamorati, quasi ammalati di corse e corridori. La Mastromarco è, oggi, nove atleti under 23: i tre confermati Michele Corradini, Matteo Natali e Matteo Trippi, e i sei nuovi Enrico Anselmi, Paolo Baccio, Manuel Ciucci, Tommaso Fiaschi, Davide Masi e Emanuele Scardigli. Ma è anche, ieri, tanti ragazzi diventati professionisti: da Damiano Caruso a Valerio Conti, da Jonathan Monsalve a Antonio Santoro, da Luca Wackermann a Eros Capecchi, da Mirko Selvaggi ad Alberto Bettiol, fino ai neopro Mirko Trosino e Alex Turrin, e soprattutto i fratelli Nibali, Vincenzo e Antonio.

Proprio Vincenzo, che non dimentica radici e memorie, debiti d’amore e riconoscenza, si è trasformato in un sostenitore della Mastromarco: una parte dell’assistenza tecnica, a cominciare dalle bici Specialized, è arrivata proprio grazie alle sue conoscenze e al suo interessamento. «Ma della Msstromarco sono anche il primo tifoso – ha raccontato, quasi commosso, lo Squalo -. Questa squadra è un paese, una famiglia, anzi, tante famiglie. Quando venni qui, a 14 anni, dalla Sicilia, non sapevo nulla di ciclismo. Mi sembrò un altro mondo. Fui accolto in casa – la casa di Carlo Franceschi – e trattato meglio di un figlio. Ed è sempre stato così, per tutti, altrimenti non si spiegherebbe perché continui, nonostante le mille difficoltà, questa tradizione». Che è anche eredità, ed è anche missione.

Si è parlato di calendari (toscano e italiano), risultati (nel 2015: 15 vittorie, 15 secondi e 12 terzi), filosofia (i giovani), titoli (sei italiani), sponsor grandi (Chianti Sensi, Ciprus e Calzaturificio TLC) e piccoli (Paimex Tex Packaging e Gustoparty Montalbano) più quelli tecnici. Non si è parlato di amore. Ma non ce n’era bisogno. Quello lo si sentiva, lo si vedeva, lo si respirava.

Marco Pastonesi


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