A parlare è Max Lelli, professionista dal 1989 al 2004, attualmente voce tecnica di Raisport e costruttore di biciclette che ci racconta come negli ultimi anni ha realizzato e venduto personalmente 7 biciclette professionali con il "trucchetto".
«Personalmente mi sono state commissionate da persone di una certa età, che non gareggiano, ma vogliono continuare a uscire con gli amici senza che loro sappiano che utilizzano il motorino. Si tratta di telai su misura, fasciati, che nel tubo piantone (deve avere una misura che va da 30,9 cm a 31,6 cm di diametro) hanno avvitato il motore e all'interno del telaio i vari cablaggi elettrici che servono per il funzionamento. Non sono bici standard, per prepararle ci vogliono un paio di mesi ma il risultato è impeccabile, da fuori non si vede nulla. Gli ingranaggi sono in plastica, il motorino è molto piccolo e non produce alcun rumore. Il telaio deve pesare un chilo e cento, non può essere troppo leggero perché il kit pesa 1,8 kg. Il motore ha una lunghezza di 22 cm e pesa già da solo 880 grammi. Inizialmente la batteria era stata pensata per essere posta sotto la sella, successivamente veniva nascosta dentro la borraccia, ora ne esistono di tre tipi da inserire nel telaio: da 4,5 ampere litio-ion che dura 45', da 5,5 ampere per 66' e da 8,25 ampere che può funzionare fino a 100'».
Come funziona il meccanismo?
«Dove si impugna il manubrio, sotto le leve dei freni, c'è un pulsantino molto piccolo che basta sfiorare per attivare il motorino. Unica accortezza: bisogna fare attenzione nel cambiare rapporto davanti, conviene passare dalla moltiplica grande a quella piccola o viceversa prima di attivare il motorino, si tratta di ingranaggi delicati perciò bisogna avere una certa sensibilità. Nelle bici superprofessionali la pila non dura moltissimo, un'ora e mezzo, non di più».
I professionisti le usano?
«Per quello che ho visto, qualcuno l'ha usata, poi forse si sono impauriti perchè sono iniziati i controlli... Ora ad alto livello secondo me è impossibile usarli o comunque sarebbe da pazzi. Alcuni casi, che hanno avuto parecchia risonanza mediatica (penso ai discussi cambi di bici), hanno giustamente fatto riflettere e questo week end ci è stato offerto un esempio lampante. 100 watt per una persona normale sono pochi ma per un professionista sono tantissimo. Immaginate semplicemente che un atleta la usi nelle prime ore di gara... Spenderebbe molte meno energie nella prima parte, che potrebbero tornargli utili nel finale».
E nelle granfondo se ne fa uso?
«Di sicuro. Sappiamo che c'è gente disposta a tutto per un prosciutto (sorride ironico, ndr). Ricordo che c'è stata una polemica al riguardo nella Prato-Abetone di un anno fa. Non essendoci controlli senz'altro qualcuno fa il furbo. Per quanto mi riguarda le ho vendute a non agonisti. Ho provato a montare motori più potenti dei silenziosi 100 watt e quelli chiaramente si sentono come accade con le classiche bici assistite. Io non sono contrario a questo tipo di mezzo per motivi ludici. Le bici motorizzate stanno aprendo un mercato enorme e possono aiutare chi ne ha bisogno, persone di una certa età o fuori forma. Mia moglie con una mtb a pedalata assistita, in cui il motore è ben visibile, nonostante il poco allenamento riesce a pedalare per 60/70 km. Come per ogni cosa, anche per le bici a motore dipende dall'uso che se ne fa...».
Giulia De Maio