L'argomento è sicuramente di quelli che merita più di un approfondimento. Se da una parte la Giustizia ha riconosciuto l'atteggiamento scorretto di un'associazione sportiva dedita all'organizzazione di gare ciclistiche, dall'altra resta inconfutabile la gravosa conseguenza di aver gettato alle ortiche oltre al contributo, anche il riconoscimento della Regione Toscana per delle iniziative agonistiche di assoluto e inconfutabile livello nel quale il grande ciclismo, nella sua massima espressione della categoria di corridori professionisti, svolge il ruolo di assoluto protagonista.
Siamo tornati sull'argomento insieme all'Avvocato Ilaria Cozzi, il professionista che per conto dell'Unione Ciclistica Pecciolese ha curato la contesa giuridica che vedeva questa associazione contrapposta all'A.C. Pratese.
«I fatti sono chiari e lo sono ancora di più dopo la sentenza emessa dal Tribunale di Prato, nella persona del Giudice Unico, dott.ssa Marinella Acerbi – sottolinea l'Avvocato Cozzi -. Quello della mia assistita è stato un atteggiamento dovuto. Soprattutto dopo che i tentativi in via bonaria per venire in possesso delle proprie legittime spettanze erano risultati vani». «È sbagliato però – continua l'avvocato – limitarci alla semplice sentenza e valutare il danno esclusivamente in termini economici. A subire le conseguenze della vicenda non è stata soltanto la mia assistita, ma anche il ciclismo che qui in Toscana rappresenta un importante contesto sul quale questo sport affonda la sua storia e le proprie radici. Averne ottenuto il riconoscimento della Regione per tutti i grandi eventi di ciclismo professionistico rappresentava una sorta di certificato di qualità e contribuiva ad accrescere il prestigio e il valore degli eventi stessi».
Argomenti quelli posti dal professionista che trovano pieno consenso da parte dei dirigenti dell’Unione Ciclistica Pecciolese che in forma unanime intendono ribadire e sostenere che «con questa sentenza anche la Federazione Ciclistica Italiana non può avere più dubbi sulla fondatezza delle nostre pretese. L'Ente Sportivo che ci rappresenta deve riconoscere oltre alla nostra perseveranza per aver cercato di salvaguardare i propri diritti, anche la correttezza che abbiamo sempre posto sul nostro operato. Al contrario di altre associazioni alle quali la Giustizia ha riconosciuto un atteggiamento di dolo ma che hanno potuto comunque fregiarsi nelle ultime edizioni, della presenza di atleti con indosso la prestigiosa maglia azzurra». L’intervento dei dirigenti si conclude infine con un «accorato ringraziamento verso l’Avvocato Cozzi, per l’ottimo lavoro svolto».