
Pur ridotta nel chilometraggio rispetto alle prove monumento, la Freccia Vallone ha una lunga e gloriosa tradizione: si è corsa già 88 volte e nell’albo d’oro ha tutti i grossi calibri, da Coppi a Merckx, da Hinault a Pogacar, passando per Moser e Saronni. A rendere speciale questa edizione è un anniversario: i 40 anni del primo arrivo sul Muro di Huy, dove a vincere nell’85 fu Claude Criquielion, scomparso giusto dieci anni fa e al quale è stata dedicata la curva più ripida. Percorso di 205 chilometri, che dall’inedita località di Ciney propone una dozzina di cotes, compresi i tre passaggi sull’iconica rampa di Huy, 1300 metri al 10 per cento di pendenza media con punte del 20: l’ultimo vale un posto nell’albo d’oro. Classica breve ed estremamente aperta nel pronostico, che strizza l’occhio agli scattisti e in generale a chi va forte in salita: l’Italia l’ha conquistata diciotto volte, la prima con Fermo Camellini nel 1948, l’ultima con Davide Rebellin che nel 2009 firmò il suo terzo centro. Ecco le dieci facce che hanno più chances di sorridere in cima al Muro.
Tadej Pogacar. Vince perché dopo i secondi posti alla Roubaix e all’Amstel ha voglia di rifarsi, perché sul Muro ha già steso tutti due anni fa, perché ci prova sempre e anche qui non farà eccezioni. Non vince perché nel suo mirino ha il tris alla Liegi e per questo non intende tirarsi il collo.
Remco Evenepoel. Vince perché è tornato dall’infortunio in forma strepitosa, perché sulle sue strade ci tiene ad esser protagonista, perché vuol riprendersi in fretta quel che la sfortuna gli ha tolto. Non vince perché su un arrivo del genere trova gente più esplosiva di lui.
Mattias Skjelmose. Vince perché c’è andato vicino già due anni fa, perché aver conquistato l’Amstel battendo Pogacar e Evenepoel è una bella spinta, perché il finale duro lo stimola e non lo spaventa. Non vince perché pensa a Liegi e il suo compagno Thibau Nys ha ottime carte da giocare.
Tom Pidcock. Vince perché ha le caratteristiche giuste per questa classica, perché si è ripresentato dopo un mese in ottime condizioni, perché in questa stagione ha raccolto meno di quanto avrebbe meritato. Non vince perché con questa corsa raramente ha trovato il giusto feeling.
Dylan Teuns. Vince perché su questo arrivo c’è già riuscito, perché Freccia e Liegi sono le corse che gli piacciono di più, perché per un belga far centro nelle Ardenne ha sempre un valore speciale. Non vince perché rispetto alle precedenti primavere sembra meno in palla.
Max Van Gils. Vince perché ha le qualità per farlo, perché nelle due edizioni che ha affrontato ha chiuso prima ottavo poi terzo, perché a 25 anni ha la maturità per recitare da protagonista. Non vince perché dopo aver aperto bene la stagione sembra essersi un po’ smarrito.
Tiesj Benoot. Vince perché ha calibrato la sua primavera sulle corse delle Ardenne, perché è già finito due volte nella top ten, perché senza Van Aert ha la completa fiducia della squadra. Non vince perché correr bene una classica non significa necessariamente poterla anche vincere.
Santiago Buitrago. Vince perché è adattissimo a un finale come questo, perché è tra i pochi sudamericani che hanno feeling con le corse del Nord, perché l’unica volta che si è presentato ha chiuso quinto. Non vince perché la salita finale è più adatta al suo compagno Lenny Martinez che a lui.
Julian Alaphilippe. Vince perché è perfetto per questa classica, perché sul Muro ha fatto centro tre volte (più due secondi posti), perché vuol dare un segnale alla nuova squadra. Non vince perché soffre la nuova generazione e il suo compagno Marc Hirschi indovina la giornata giusta.
Kevin Vauquelin. Vince perché c’è andato vicinissimo un anno fa, perché ha l’esplosività per fare bene su finali di questo genere, perché è meno controllato rispetto agli altri favoriti. Non vince perché fin qui in stagione è andato meglio nelle corse poco frequentate che in quelle principali.