
Subito menzione speciale – e una sperabile ripassata dalle vive mani del pubblico vicino – al demente che va a vedersi la Roubaix, una Roubaix di questo livello, e immagina di deciderla lanciando una borraccia in faccia a Van Der Poel, casualmente numero uno della corsa. Quante volte ce lo siamo detti: immaginare che in una moltitudine di tifosi veri non si nasconda un mentecatto, magari pure ubriaco, è pura illusione. Ci siamo però detti che si può e di deve immaginare di identificare questo idiota totale e fargliela pagare cara, senza ricorrere a una lapidazione con borracce (piene), ma con gli strumenti della legge civile. Ci sono. Già le polizie di buona volontà li hanno applicati, diventa tassativo e necessario che soprattutto stavolta vengano applicati in una corsa così importante e così bella.
La Roubaix propone già di suo un campionario sufficiente di sinistri&accidenti, non possiamo aggiungerci anche il tiro al bersaglio dei cretini. Lo dimostra lo stesso Pogacar, che non ha stimolato i cecchini della boraccia, ma ha comunque preso la sua dose di bancate. E siamo alla corsa. Tutto perfetto a una quarantina di chilometri: dalla selezione naturale della specie esce il testa a testa immaginato, sognato, pronosticato, Pogacar contro Vander, Vander contro Pogacar. Duello diretto, ci si prepara a un finale memorabile, con tanto di previsioni in tempo reale: Pogacar deve staccarlo prima, se arrivano insieme nel Velodromo Vander se lo beve, ma cosa dici, a quel punto conta solo cosa è rimasto nel serbatoio, eccetera, eccetera. Tutta la scienza e coscienza della situazione però saltano di nuovo per aria grazie al sortilegio particolare e inimitabile della Roubaix, che è così unica e così temibile proprio perchè ad ogni metro, ad ogni sasso, ad ogni curva può sconvolgere la scaletta.
Difatti. Pogacar sbaglia una curva niente di che, da lì in poi comincia a perderla e Vander comincia a vincerla. In uno spaventoso duello sul filo dei 50, quando i due si ri-vedono e sono divisi da 12'', il secondo colpo nei denti per Pogacar: foratura, cambio bici, ciao mama. Stavolta davvero, stavolta senza possibilità di raddrizzare niente. Con la supposizione doverosa: anche se l'avesse ripreso, con una spesa inverosimile di watt, si sarebbe presentato allo sprint come pollo pronto a salire sullo spiedo.
Fascino indiscreto della Roubaix. Alla fine vince il migliore, il numero uno delle gare in linea senza salite, praticamente non c'è nessuna sorpresa, eppure anche questa edizione riesce a chiudersi aprendo un altro anno di dibattiti sul filo dei ma-se-però. L'ha vinta Vander o l'ha persa Teddy? L'avrebbe vinta comunque Vander? Sicuri che Teddy non avrebbe provato e riprovato fino allo stordimento a scrollarsi di dosso Vander?
Ai posteri l'ardua sentenza. Resta un fatto: questa generazione non manca mai un appuntamento, non si fa mai trovare impreparata, non si tira mai indietro di un millimetro. Ho visto troppe Roubaix vinte da onesti fachiri sconosciuti, “minatori” bravi solo a spaccare pietre, per non apprezzare quanto valga la nobiltà di questa era spaziale. Anche quest'anno, ogni monumento ha il suo dominatore d'alto bordo: se non è Vander è Pogacar, se non è Pogacar è Vander. Non c'è posto per i signor nessuno, di questi tempi. O forse sì: per quelli, lo dico con cuore grondante, sta restando solo il Giro d'Italia.