
Con il nuovo codice della strada, i motociclisti sono stati aggiunti agli “utenti vulnerabili della strada”, insieme quindi a pedoni e ciclisti. Un passo che merita un approfondimento circa i motivi che hanno determinato questa scelta legislativa, ma soprattutto su quali saranno le conseguenze sul piano della circolazione e delle dinamiche relative agli incidenti stradali.
La logica vorrebbe che una parte definita “vulnerabile” meriti una maggior tutela rispetto agli altri utenti della strada, non solo sul piano teorico ma soprattutto su quello pratico.
Se anche i motociclisti, come i ciclisti, sono stati inseriti nella categoria dei “deboli” è perché evidentemente l’equilibrio su due ruote, così come l’assenza di una cellula protettiva, li pone in uno stato molto più precario e meritevole di attenzione rispetto agli altri utenti della strada.
In parole povere, per un ciclista o motociclista è molto più facile cadere anche per un leggero contatto o manovra repentina di un automobilista e quindi procurarsi lesioni o danni, rispetto a chi invece viaggia su quattro ruote e protetto dall’abitacolo del suo veicolo.
La seconda conseguenza è che certamente arrestare la marcia o evitare un ostacolo improvviso è molto più complicato rispetto ad un automobilista il quale, essendo su quattro ruote, appunto non deve fare altro che pigiare sul pedale del freno.
Inoltre, chi viaggia su due ruote deve prestare molta più attenzione a tutti i pericoli che lo circondano (strade dissestate, oggetti, vento, ostacoli di vario genere). Tutti fattori di cui bisognerebbe sempre tener conto quando un ciclista, motociclista o pedone rimane vittima di un incidente stradale.
La precisazione non è banale, ma nasce dal fatto che nei verbali redatti dalle Forze dell’Ordine che intervengono in caso di incidente, spesso vengono descritte dinamiche ed irrogate sanzioni che non tengono minimamente conto della disparità di condizioni dei due utenti, con il risultato di creare forti ingiustizie.
Ci è capitato, ad esempio, di dover impugnare verbali che sanzionavano il ciclista che, nonostante viaggiasse regolarmente sulla pista ciclabile, con impianto semaforico verde dedicato alle biciclette, investito da un automobilista che sterzava repentinamente, a parere dell’agente di polizia municipale, “non aveva saputo evitare per tempo l’ostacolo" (art 141cds).
In un altro caso, il ciclista veniva multato perché procedeva, a parere del vigile, zigzagando in mezzo alla strada! In realtà la stessa automobilista che l’aveva investito dichiarava a verbale che il ciclista viaggiava regolarmente sulla sua destra e nell’atto del sorpasso, pensando di poterlo passare, lo urtava scorgendo dal finestrino laterale la figura del povero ciclista rocambolare a bordo strada!
Ebbene, per gli agenti di polizia municipale il ciclista creava “intralcio alla circolazione”!
In entrambi i casi abbiamo presentato ricorso, impugnando le multe, con tanto di querela di falso, ristabilendo la corretta applicazione della legge ed entrambi i ciclisti sono stati poi risarciti.
Un fenomeno che stiamo riscontrando in modo sempre più preoccupante, non tanto per le multe che immancabilmente impugniamo, quanto per la scarsa conoscenza delle norme che riguardano, appunto, le parti vulnerabili della strada, o peggio per il manifesto pregiudizio nei confronti dei ciclisti, rischiando che il danno non si verifichi solo al momento del sinistro ma anche nella gestione della successiva pratica assicurativa di risarcimento del danno.
Un verbale negativo con multa annessa, infatti, oltre a creare ulteriore danno nei confronti dei ciclisti, presta il fianco alle assicurazione che utilizzano il verbale quale pretesto per negare il risarcimento.
Una precisazione: quanto riportano gli agenti sui verbali, fortunatamente, ha valore solo relativamente a ciò che constatano direttamente, mentre dinamica ricostruita ed eventuali sanzioni possono essere rimessi in discussione, e per questo è determinante raccogliere immediatamente prove ed elementi che possano dimostrare la nostra ragione.
Nel frattempo, sarebbe utile aggiornare gli agenti delle forze dell’Ordine e far assimilare loro il concetto di “parte vulnerabile della strada”, non solo astrattamente ma anche nelle ragioni e nelle implicazioni pratiche e di tutela verso le due ruote che la legge ha voluto sancire.
Ovviamente l’obiettivo comune non è certo quello di screditare le forze dell’Ordine, che compiono un duro lavoro ogni giorno sulle strade, ma sensibilizzare gli operatori della legge sul problema, fornendo loro una visuale più completa, magari dalla sella di una bicicletta.
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