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È un approccio realista e disincantato quello con cui Ezequiel Mosquera ha incontrato i giornalisti presenti alla O Gran Camino 2025 per parlare delle criticità che stanno interessando non solo la sua corsa (a cui, sentendolo parlare, si capisce chiaramente quanto tenga) ma, più in generale, il mondo del ciclismo. Quest’ultimo, secondo il parere convinto dell’organizzatore della breve gara a tappe spagnola, ruota ormai sempre più intorno ai punti UCI e ciò non può che complicare, nella sua visione, la messa a punto e l’appeal di manifestazioni come la sua.
“Quello di O Gran Camino è un progetto che ha un contesto, un pacchetto e argomenti che ci permettono di sconfinare in Portogallo e avere il sostegno delle istituzioni e delle grandi aziende. E queste ci supportano perché questa è una gara a tappe e non una classica” ha esordito Mosquera prima di addentrarsi nel cuore del problema.
“La realtà di oggi è che i corridori gareggiano per i punti e molte volte sono i manager a decidere il loro calendario ma lo capisco. Non puoi dire a un corridore “vieni a correre una tappa qui” quando il primo posto in una nostra frazione dà 14 punti, il secondo posto 9, il terzo 5, il quarto 3 e in una classica della stessa categoria guadagni 125 con il primo posto e 85 con il secondo. Mi chiedono “Perché non organizzi 5 classiche”? Non voglio farlo. Perché ho per le mani una gara a tappe con un peso, una dimensione e una capacità di crescita superiori a qualsiasi altra classica dello stesso livello. Quindi, così come siamo messi ora, per quanto questa sia una corsa di 5 giorni ben organizzata, ben curata e ben disegnata, non possiamo fare più di quanto già facciamo, almeno con i nostri mezzi. Perché? Perché in cinque giorni mettiamo in palio 710 punti contro i 3000 che potremmo dare se gestissimo 5 classiche. A questo proposito, sto anche notando che molte gare a tappe Pro Series si stanno mettendo a fare delle classiche parallele. Dovrei fare una classica del Camino Portuguese e poi O Gran Camino? Perché? Perché le squadre mi dicono che se facessi una classica parteciperebbero poi anche alla corsa successiva? Ma perché dovrei organizzare una classica e dopo pochi giorni una gara a tappe? Perché già che ci siamo ne approfittiamo? Ok, ma dove la faccio? E poi, guadagni sempre 600 punti con una e 710 con l'altra?”.
Il suo ragionamento, esposto in maniera lucida e pacata, è assolutamente comprensibile e poggia sull’assunto che il sistema che sta disciplinando il ciclismo professionistico contemporaneo si fonda su meccanismi poco equilibrati.
“Il sistema è sbagliato, assurdo, non è difendibile ed è scandalosamente sproporzionato. Perché non può essere che Jonas Vingegaard venga qui, vinca tre tappe difficili e la generale e faccia gli stessi punti del secondo classificato della Clasica di Almeria” ha continuato Mosquera, spalleggiato durante il meeting con la stampa da Oscar Pereiro, responsabile delle relazioni con squadre e corridori.
“Siamo convinti che, se avessimo parità in termini di sistema di punti, in questo momento avremmo un contesto di gara straordinario. Se guardiamo ciò che abbiamo fatto l'anno scorso e se consideriamo che siamo un evento alla quarta edizione, abbiamo avuto una crescita pazzesca. La situazione creatasi quest’anno? Sono convinto che il meteo abbia giocato un ruolo importante, ma sono sicuro che la questione dei punti abbia avuto un'influenza maggiore. Alla fine alla Parigi-Nizza il clima è più freddo che da noi ed è così ogni anno ma le squadre ci vanno lo stesso” ha affermato il vincitore del Tour de France 2006 prima di cedere nuovamente la parola a Mosquera per affrontare un altro tema delicato, ovvero la salvaguardia delle corse a tappe spagnole.
“Parlo in difesa delle gare a tappe. Non ho niente contro le classiche ma noi siamo un paese di corse di più giorni. Non può essere che una classica dia più punti di una tappa della Vuelta di Spagna. Organizzare una corsa a tappe poi è molto più difficile. Servono gli stessi mezzi moltiplicati per dieci, perché la stessa cosa deve essere allestita in più posti contemporaneamente, in più giorni consecutivi, e bisogna spostarsi e raggiungere più luoghi, coinvolgere più istituzioni, più sponsor… L'asse fondamentale attorno a cui il mondo del ciclismo ruotava sta cambiando. Siamo arrivati al punto in cui le squadre configurano il loro calendario non sulla base delle corse a cui sono interessate, ma sulla base di quelle che garantiscono più punti. La maggior parte delle persone non conosce tutte queste dinamiche, queste abissali differenze di punteggio, beh... bisogna dirglielo. Bisogna dire loro che c’è un problema. Un problema strutturale che sta cambiando le basi del ciclismo”.
Tale cambiamento potrebbe incidere chiaramente sul futuro del ciclismo e di molte altre corse che, per sopravvivere, essere sostenibili e al contempo godere di buona visibilità, potrebbero essere costrette a reinventarsi o cambiare radicalmente. Non sembra però essere questa la via che gli organizzatori della O Gran Camino cercheranno di perseguire in futuro.
“L'anno prossimo? Non lo sappiamo. Non so se c'è la possibilità di cambiare questo criterio di punteggio. Dobbiamo essere intelligenti e obiettivi. Ciò che sappiamo è che vogliamo mantenere il progetto per come è nato”.
Un progetto che, per quanto giovane, è già profondamente sentito e radicato nel territorio che rappresenta ed è legato inscindibilmente al Cammino di Santiago che, attraverso una corsa a tappe così conformata, può essere ancor più valorizzato e ulteriormente promosso al pari delle tradizioni e della storia millenaria che caratterizzano questo angolo della Penisola Iberica. Un luogo che vuole e ha bisogno di riconoscersi nella O Gran Camiño per come questa si è fatta conoscere fino ad oggi: un suggestivo viaggio a tappe rappresentativo di questa terra.