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Quello che gli ordini d’arrivo non dicono? Manca ancora molto al via della prima tappa ma a Rukomo, per l’ennesima volta sulla mappa del ciclismo professionistico oggi è un giorno di festa. Dal Delight Hotel di Kigali sembra essere trascorsa ben più di un’ora di trasferimento al luogo in cui si parte. Rukomo è un quadrivio con qualche esercizio commerciale e già raggiungendolo ci si imbatte in tutta un’altra nozione di bicicletta come mezzo di trasporto(porte, giganteschi fasci di banane, bamboo, bidoni del latte, legna).
Le immagini di quanta passione sappia esercitare il ciclismo in questo Paese, destinato ad ospitare non a caso la rassegna iridata, sono tante. Il richiamo sulla strada è totale trasporto (rieccoci) emozionale, lungo un nastro d’asfalto perfetto e largo, senza particolari asperità.
Da un bordo e dall’altro della carreggiata ci sono reali file ininterrotte di spettatori, entusiasmati per l’impresa del corridore di casa che ha deciso di andare in avanscoperta per 150 chilometri. Sono scene che si ripeteranno nel corso dei giorni dicono all’unisono i prestatori d’opera qualificati dell’organizzazione come il Direttore del Giro Freddy Kamunzinzi, che scherzando ci rassicura: “No, non sono comparse: è partecipazione totale”.
All’ultimo chilometro di Kayonza non si trova un posto in quarta fila alla transenna neanche a volerlo, ma è il prima che impressiona. Non si attraversano grandi centri ma il tessuto di aree rurali del Rwanda non solo onora la definizione di Paese delle Mille Colline. Piantagioni di banane e risaie, terrazzamenti del the si susseguono a margine delle imprese dei corridori, un “fondale” animato dai protagonisti della corsa, in questo caso il pubblico. In diversi tratti l’asfalto si snoda tra un terrapieno scosceso gremito di gente, come se fosse uno spalto naturale. To be continued…
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