E’ impossibile immaginare il dolore di un genitore quando in modo innaturale perde il proprio figlio: quello di Lorenzo Piffer, il padre di Sara, è il suono di una voce straziata per la vita spezzata della figlia, la cui unica colpa è stata quella di andare in bici.
«Era contenta di andare con suo fratello perché non sempre riuscivano ad andare insieme – ha detto con un filo di voce ai microfoni della TGR di Trento – Mi ha detto: noi siamo sempre attenti ma purtroppo sono gli altri che non stanno attenti a noi. E purtroppo era vero».
Sara Piffer aveva appena 19 anni e sognava di poter correre in bici e di vincere, ma i suoi sogni si sono fermati sulla strada tra Mezzocorona e Mezzolombardo in provincia di Trento, a pochi chilometri da casa, a Palù di Giovo, il paese dove il ciclismo è lo sport più praticato grazie a campioni come Francesco Moser e Gilberto Simoni.
«Era un fiore, un dono di Dio, e ringrazio di averla avuta». A parlare alle telecamere del TG Rai Regione c’è anche Massimiliano Piffer, lo zio di Sara e dirigente della squadra con la quale la ragazza ha iniziato a correre. «Ogni figlio e ogni nostro ragazzo ha il diritto di sognare e di avere l’opportunità di allenarsi senza aver paura di non poter tornare a casa».
Lo scorso anno, poco distante da dove è morta Sara Piffer, era scomparso il diciassettenne Matteo Lorenzi, il ragazzo che correva per la squadra di Palù e che, mentre si allenava in bici, si era schiantato contro un furgone che gli aveva tagliato la strada. Per l’autista del furgone il pm ha disposto poco prima di Natale il rinvio a giudizio e si attende la primavera per sapere la decisione del magistrato.
Secondo l’osservatorio sulla sicurezza stradale Asaps, sono 204 i ciclisti che hanno perso la vita nel 2024 e di questi,8 erano del Trentino Alto Adige.
Se sei giá nostro utente esegui il login altrimenti registrati.