Sono tanti i campioni del ciclismo che hanno voluto esprimere il proprio dispiacere per quanto accaduto a Sara Piffer e tra questi c’è Gianni Bugno che, attraverso tuttobiciweb ha voluto esprimere la sua vicinanza alla famiglia della giovane morta tragicamente ieri a soli 19 anni mentre si allenava e, al tempo stesso, ha voluto sottolineare gli aspetti che portano ancora oggi alla morte di tante persone mentre sonl in bici.
«Quello che è successo alla giovane Sara ricorda quanto accaduto a Michele Scarponi – ha raccontato il due volte campione del mondo -: anche l’incidente di Scarponi aveva come problematica il sole». Michele è tragicamente morto il 22 aprile del 2017, mentre si stava allenando sulle strade della sua Filottrano. Il ciclista marchigiano venne investito da un mezzo che proveniva da una via secondaria e che lo colpì in pieno non vedendolo arrivare a causa della luce del sole sul parabrezza. «Anche Sara è morta a causa del sole negli occhi del conducente, stando a quello che ho letto. L’autista ha effettuato un sorpasso e avrebbe detto di non aver visto la ragazza a causa del sole negli occhi. Tutto questo non è ammissibile».
Gianni Bugno ha appreso la notizia della tragica morte della ragazza dai media e il suo dispiacere è stato grande, non solo perché il ciclismo è ancora oggi la sua più grande passione, ma perché è sia genitore che nonno. «Se non c’è l’educazione stradale non puoi fare nulla. E’ come se sorpassi in curva dove non puoi vedere chi viene nel senso contrario. Quindi anche quando guidi contro sole non vedi ed è sullo stesso piano del sorpasso in curva. Il sole è un’aggravante perché hai superato quando non potevi».
Le dichiarazioni del campione di Monza sono arrivate prima del comunicato stampa della Federazione Ciclistica Italiana. «La nostra Federazione dovrebbe pensare al fatto che ancora oggi accadono incidenti come questi. Dobbiamo pensare al ciclista che deve essere tutelato quando è sulla strada, quando si allena ma anche quando si diverte a uscire in bici per fare una passeggiata. Non si può pensare solo all’agonismo e alle future medaglie, perché se non pensiamo adesso ai nostri ragazzi sulle strade, non avremo mai i campioni domani».
Il campione monzese confessa di avere paura quando esce in bici e per questo lo fa sempre di meno. «Io vado poco in bici perché non mi sento sicuro. Nessuno di veramente importante ha dichiarato la propria vicinanza alla famiglia e preoccupazione per quello che accade sulle nostre strade. Un genitore oggi guarda Sinner in televisione e decide di portare il proprio figlio a fare tennis e non ciclismo, perché il tennis è più sicuro. Io voglio che i giovani e gli amatori siamo sicuri quando vanno a pedalare su strada. Non si può condannare un ciclista a girare in pista o in un circuito perché se va su strada rischia di morire. Io sono stato un campione nel ciclismo e sono stato presidente del CPA, ma oggi posso solo piangere per una ragazza morta e stare vicino alla sua famiglia. Ma oltre al mio sfogo cosa possiamo fare? Dobbiamo fare tutti qualcosa di utile e sincero. Le istituzioni devono fare assolutamente qualcosa. Non possiamo ignorare la morte di Sara, perché questa ragazza è una nostra figlia, una nostra cara amica, è una sorella e non possiamo ignorare quello che le è accaduto. Quando esco in bici ho dei timori, so quando esco ma non so se ritorno. Ma è giusto avere una paura del genere?»
Bugno fa una riflessione sulle categorie più giovani del ciclismo, quelle che ogni giorno escono ad allenarsi con il sogno di correre un giorno in una gara importante e di entrare in quella squadra dove oggi ci sono i grandi campioni.
«Penso ai nostri esordienti, junior e Under23, ma sono sicuri sulle strade? No. E mi piacerebbe che qualcuno sopra di me possa aiutare i nostri ragazzi, ma anche il papà che va a fare il giro la domenica con il figlioletto e gli amici che vanno a fare un ma pedalata. Ci vuole rispetto ed educazione e meno aggressività. Se noi risolviamo questi problemi, allora arriveremo ad avere strade più sicure».