In questo mondo e in questi tempi che ormai credono solo alla propaganda, a quello che si racconta e non a quello succede davvero, alla bugia confezionata bene e non alla semplice verità, possiamo anche ripetere a pappagallo “Il Giro è la corsa più dura del mondo, eccetera eccetera”. Ma quest'anno resta uno slogan. Resta pubblicità. Molto serenamente, dobbiamo invece dire che a nessuno dei corridori verrà l'ernia. L'ernia verrebbe a me, ovvio, non ai grandi atleti di quest'epoca. Stavolta certamente no.
A occhio e croce, volendo giocare con le previsioni, c'è la fondata possibilità di rivedere qualcosa di già visto: il Giro moscio e noioso fino a pochissime tappe dal termine, per la precisione azzardo il martedì 27 maggio, arrivo sopra Brentonico, 199 chilometri, dislivello 4.800 metri. Il Giro 2025, intendo i giochi veri, potrebbe proprio aprirsi qua, per proseguire e chiudersi negli altri due tapponi, Champoluc il venerdì e Sestriere il sabato di chiusura.
La roba seria è tutta condensata lì. Con un rischio evidente: in assenza del matto Pogacar, il rischio è rivedere il solito film dell'attesa, dell'infinita e comoda attesa, “vediamo nella terza settimana”, una cosa del genere 2023, quando Roglic e Thomas menarono il torrone dell'attesa – e del rinvio - fino all'ultima cronoscalata, decisa sul filo di pochi secondi, con il thriller legato solo ai salti di catena. E chissà se è una coincidenza che anche stavolta ci sia in ballo Roglic...
E prima? Due settimane di andante mosso, senza esagerare, più nervosismo che pene dell'inferno. Il primo, sperabile appuntamento con la storia (?) potrebbe capitare alla settima, arrivo di Tagliacozzo, finale fino al 14 per cento. Ma sarebbe comunque la solita scrollatina per mettere un po' a bolla la classifica affollata, piena di imbucati, della prima settimana.
Poi è vero che avremo di nuovo il Mortirolo nella tappa di Bormio, poi è vero che avremo il Colle delle Finestre nell'epilogo del Sestriere, avremo pure il Monte Grappa (però a 90 dall'arrivo...), per carità, non è tutto una Milano-Vignola, ma nel complesso resta un percorso light, vegano, ottimimissimo ad esempio per chi volesse tentare la doppietta Giro-Tour, peccato che l'unico possibile avventuriero sia fuorigioco causa caduta, ovviamente mi riferisco ad Evenepoel.
I pregi, allora? Personalmente considero un grande pregio la metratura delle cronometro, così da non renderle troppo invasive (42 chilometri in due frazioni, l'ideale). Perfetta anche l'idea di tornare sulle strade bianche del Senese, tappa sempre spettacolare e ansiogena, che spesso vede qualche big lasciarci la zampa...
I big, i big. Arriviamo a bomba sul tema. I percorsi sono tutti belli e tutti brutti, dipende da chi li percorre. Roglic, e poi? Roglic, e chi? Sì, per il momento siamo fermi a quest'unica certezza, il valoroso sloveno dimessosi dal Tour per sopraggiunti limiti di età (a ottobre 36) e per manifesta inferiorità (rispetto a quei due). Con Remco sinistrato, e quei due ossessivi-compulsivi sul Tour, c'è poco da inventarsi. Dovremo fingere che Landa sia il fenomeno di fantasia, mai realmente esistito. Oppure metterci d'accordo prima nel considerare Carapaz un super. Ma a quel punto conviene catapultarci sulla dolce illusione patriottica, immaginando ancora una volta che Ciccone faccia il definitivo salto di categoria e Tiberi esca definitivamente dall'incubatrice. Mai come stavolta c'è l'opportunità per fare un figurone (ma attenzione, anche la figuraccia, perchè il fallimento in assenza di vip pesa il doppio).
Il resto è realismo e sincerità, non per questo depressione e disfattismo. Non sarà un Giro cinque stelle superior, non sarà un Giro rotariano, sarà un Giro chiamato a inventarsi una trama con quello che passa il convento. E' nei momenti difficili che viene fuori la libera creatività.
Quanto al pubblico, dopo tutto è l'occasione d'oro per quelli che l'anno scorso, con questo monotono e scontato Pogacar, hanno sofferto le pene dell'inferno, annoiandosi a morte. Se Dio vuole, avranno il Giro senza prepotente mangiapalloni che hanno sempre rimpianto. Non mi nascondo: mi sa tanto che stavolta il rimpianto tocca a me.