Giuseppe Martinelli e Ivano Fanini continuano, come foglie che mulinano al vento, a mantenere una sincera amicizia che sfocia spesso nelle loro conversazioni telefoniche che toccano ricordi, storie, attualitàm sensazioni, persone.
Giuseppe Martinelli, 69 anni, è ritenuto uno dei migliori direttori sportivi del mondo dopo una impareggiabile storia che lo ha visto portare al successo nelle corse più prestigiose campioni come Marco Pantani (Giro e Tour), Gibo Simoni (Giro d'Italia), Stefano Garzelli (Giro d'Italia), Vincenzo Nibali (2 Giri d'Italia, 1 Tour de France, 1 Giro di Lombardia e 1 campionato italiano in maglia Astana), Damiano Cunego (Giro d'Italia), Fabio Aru (Vuelta di Spagna). Questi sono soltanto alcuni dei successi di Martinelli come dirigente sportivo tra le centinaia ottenuti in una carriera che gli ha dato enormi soddisfazioni, successi conseguiti con corridori diversi ai quali è sempre riuscito ad infondere loro lo spirito di squadra, uno dei suoi ingredienti principali ed uno strumento importante per costruire un Team volto al raggiungimento dei principali traguardi.
QUELLE 500 MILA LIRE DI PREMIO. Tornando indietro di decenni, si riscopre il Martinelli buon corridore. Raggiunse l'apice della sua carriera da dilettante con la medaglia di argento ai Giochi Olimpici di Montreal 1976 nella gara in linea prima di passare professionista sotto la direzione di Primo Franchini nel 1977 alla Jolly Ceramica di Marino Fontana.
«Entrai nel mondo professionistico additato come un campioncino - dice il tecnico bresciano della Astana - ma la mia carriera, pur dandomi diverse soddisfazioni come le tre vittorie di Tappa al Giro d'Italia e quella alla Vuelta di Spagna, non mantenne fede alle attese. Inutile trovare scuse: correvo nell'epoca di Roger De Vlaeminck, Bernard Hinault, Francesco Moser e tanti altri campioni che erano più forti di me. Sono stato professionista dal '77 all'85 ma ho iniziato ben prima del ritiro a guardare il ciclismo da un'altra prospettiva».
Ci racconti...
«Primo Franchini, che già mi aveva insegnato molto, mi vedeva portato per l'ammiraglia. Io stesso, dopo questo incitamento, coltivavo già l'idea di dirigere una squadra ed affiancai proprio il mio maestro alla Ecoflam subito dopo aver attaccato la bicicletta al chiodo. Due anni dopo, alla corte di Davide Boifava entrai a dirigere la Carrera che in quegli anni era fra le squadre più forti del mondo e la mia carriera si è protratta fino ad oggi regalandomi quelle soddisfazioni che mi mancarono da atleta».
Ci dica qualche aneddoto su Ivano Fanini, suo amico da oltre quarant'anni.
«E' sempre stato un dirigente preparato a fronteggiare le dinamiche organizzative. Le racconto questa: nel 1979 correvo per la San Giacomo capitanata da Fausto Bertoglio e diretta da Carlino Menicagli e Primo Franchini con le biciclette Fanini-Alan. Avevo appena 23 anni ed ero passato professionista da poco. Anche Fanini era giovane perchè fra me e lui ci sono soltanto quattro anni di differenza ma all'età di 27 anni lui aveva già acquisito una grande esperienza a livello manageriale, cosa rara nel ciclismo di oggi. Alla vigilia di un semplice circuito di Cecina mi disse: se vinci la corsa ti do un premio di 500 mila lire. Vinsi la corsa e lui mantenne la promessa. Per un atleta giovane come ero, ricevere una cifra allora considerevole era una iniezione di fiducia. Da allora ho sempre mantenuto un'amicizia sincera con lui che ha dato tanto al ciclismo portando a correre in Italia una miriade di stranieri, alcuni dei quali hanno fatto la fortuna della loro nazione con grandi risultati».
VEDREMO UNA ASTANA DIVERSA. La stagione 2024 della Astana Qazaqstan non è stata delle migliori, certo la vittoria numero 35 di cavendish al Tour è stata una perla ma il bilancio non è clamoroso. «In effetti non abbiamo brillato, per mille e più motivi. Con nuove risorse, la squadra ha deciso di rinforzare l'organico: il primo passo è già stato fatto con l'ingaggio di Alberto Bettiol nel mese di agosto e tanti altri ne sono seguiti fino ad oggi. Sì, vedremo una Astana molto diversa».
Come mai il ciclismo italiano non riesce più a ritornare ai livelli di un tempo?
«Ci sono dei periodi storici di stasi come quello che il ciclismo italiano sta attraversando. La globalizzazione nello sport in generale ha cambiato un po' o valori tradizionali. Ed è cambiata anche la struttura economica sociale. Però devo dire che all'orizzonte arrivare forze nuove che daranno un impulso al ciclismo italiano. Le categorie di allievi e juniores stanno tirando fuori dei campioncini, fra tutti Lorenzo Finn, e sono convinto che nel giro di qualche anno il ciclismo italiano tornerà a ruggire. Se mai mi preoccupo, visto che ho girato il mondo, delle strutture sportive fatiscenti e cadute in rovina nel nostro Paese. Rispetto a tante altre nazioni siamo indietro ed abbiamo più urgentemente di tutti bisogno di mettere in sicurezza i nostri impianti e realizzarne di nuovi. Il Velodromo proposto da Fanini? Magari: ce ne sarebbe veramente bisogno, ma i soldi chi li tira fuori?».
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