Hanno cognomi (musicali) da veri corridori: come Balmamion. Hanno facce (novecentesche) da veri corridori: come De Prà. Hanno storie (favolose) da veri corridori: come Zilioli. Hanno occhi (parlanti) da veri corridori: come Gibì Baronchelli. Hanno cuori (grandi) da veri corridori: come Boifava. Hanno memorie (lunghe) da veri corridori: come Vigna. Hanno soprannomi (Bomba) da veri corridori: come Bombini. E insomma, hanno vite (letterarie se non cinematografiche) non solo da veri corridori ma da grandi uomini: come Colnago.
Sono corridori. Veri corridori. E, a stragrande maggioranza, anche vecchi corridori, amplissima categoria in cui rientrano tutti quelli che si sono staccati il dorsale. Capitani e gregari, velocisti e scalatori, passisti e regolaristi (la loro battuta preferita è: regolarista, nel senso piano dappertutto), campioni e non. E sono corridori anche se non corrono più. Perché hanno i loro anni, tanti, e quanto al correre, hanno corso abbastanza, forse fin troppo. Ma una volta l’anno sentono il richiamo della foresta, il profumo della strada, l’attrazione del gruppo, meglio se compatto, e qui certamente lo è. Qui a Cambiago, fra Bergamo e Milano, nel regno territoriale di Ernesto Colnago, all’agriturismo La Torrazza, sabato 11 maggio: si mangia e si beve, si chiacchiera e si scherza, si ritrova e si rivanga, ci si abbraccia e ci si dà appuntamento al prossimo anno.
E’ Alberto Morellini a occuparsi di questo straordinario ritrovo degli ex, che da mezzo secolo si riuniscono come se fossero fratelli. Campione italiano fra i dilettanti, due anni fra i professionisti, Morellini – volendo – è un grande narratore. Potrebbe ricordare quando, a 15 anni, con un amico, fece la Milano-Sori-Milano, 340 chilometri, e al ritorno alla Conca Fallata batté il suo amico in volata. E quando il padre, scoperta l’avventura, minacciò: “Mì che la bici chì te la fu a rundei”, io questa bici qui te la riduco a rondelle. Oppure potrebbe ricordare quando, nell’ultima tappa del Giro del Piemonte, mentre si preparava alla volata finale vide il tubolare afflosciarsi, e allora scese dalla bici, la scambiò con quella da donna di un ragazzo, e con quella tagliò il traguardo.
Stavolta invece Morellini si limita, e si moltiplica, nell’invitare, convocare e rammentare l’appuntamento, che poi si trasforma in una festa del ciclismo, ma anche dell’umanità. C’è chi si rivede a distanza di un anno, e chi di quaranta. C’è chi ha ancora qualcosa da chiedere e da recriminare, e chi giura di non ricordarsi più nulla. C’è chi avanza dei soldi, chi delle scuse, chi del vino. Il bello del gruppo sta nella varietà, nella diversità e, appunto, nella umanità. Sembrano alpini, sembrano reduci, sembrano veterani, sembrano bambini, sembrano felici: e i corridori sono un po’ tutto questo.
L’appuntamento è a mezzogiorno. Il resto è nelle mani di Morellini. Se volete aggiungervi al gruppo, cercate di lui. Un posto a tavola lo troverà.
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