È l’ultimo campione del mondo italiano e forse nemmeno lui avrebbe previsto che lo sarebbe stato per così lungo tempo. Alessandro Ballan toccò il cielo con un dito vestendosi d’arcobaleno a Varese nell’ormai remoto 2008: quest’anno saranno sedici anni dall’ultimo acuto azzurro. Lui, nel frattempo, ha smesso di fare corse, ma non di correre, perché il suo dopo è pieno zeppo di cose da fare. Testimonal di marchi importanti come Garmin e Banca Mediolanum, Fizi’k, Bmc e Campagnolo, Abus e Tap Patch e tanta bicicletta, con clienti, amici da accompagnare nei vari campo e raid.
Alessandro come tanti corridori professionisti è un agonista nato e, per dare sfogo a questo richiamo difficile da sopire, ha pensato bene di mettersi nuovamente in gioco, con un nuovo gioco, con un nuovo sport: il beach volley.
«Da tre anni ho iniziato a giocare sulla sabbia – spiega il campione veneto -. Avevo bisogno di incanalare il mio richiamo agonistico e così ho scoperto il beach volley che è un gioco bellissimo. Mi alleno e gioco con la Point Beach di Casone di Mussolente, a due passi da Bassano. Ho cominciato con un allenamento a settimana, anche perché di più non reggevo, adesso ne faccio tre. Come era logico che fosse, tanto fiato e poca pochissima tecnica, ma dopo tre anni di allenamenti e qualche torneo, sto migliorando parecchio».
Chiaramente gioca più d’inverno che in estate, perché gli impegni con la bicicletta ad un certo punto della stagione prendono decisamente il sopravvento, ma ormai la strada è segnata. «Mi piace un sacco e mi appaga come poche altre cose. Inizialmente – spiega sempre Alessandro – Daniela, mia moglie, non era felicissima, ma poi ha capito. Vedendomi felice si è messa il cuore in pace. Le mie figlie? Azzurra (15 anni), come sapete corre per il Giorgione, la mia società, della quale dal luglio scorso sono anche presidente, è più che felice. Stella (18 anni) anche lei gioca a sua volta a beach volley ed è chiaramente dalla mia parte. Se mi sono posto dei limiti? Il limite è l’età, oltre che la tecnica, ma quello che conta è lo spirito: il mio è sempre quello di un ragazzino, pronto a schiacciare a rete».