Il gruppo e la fattoria sono il suo habitat. Arnaud De Lie è uno dei velocisti emergenti più interessanti del panorama internazionale e ha un amore smisurato per gli animali. Lo chiamano il Toro di Lescheret e in questa stagione ha “incornato” tutti al Grand Prix Cyclist de Quebec, al Circuit Franco-Belge, al Grand Prix de Morbihan e al Famenne Ardenne Classic, dove addirittura ha vinto con una gamba sola.
Abbiamo incontrato il 21enne belga della Lotto Dstny in occasione della sua ultima corsa della stagione, il Tour of Guangxi, nella quale non è riuscito a centrare la vittoria di tappa a cui puntava per chiudere l'anno al top. «Non mi aspettavo un inizio di carriera così spumeggiante, sono davvero felice e soddisfatto delle ultime due stagioni, ogni anno mi sento meglio, sto crescendo come speravo. Per il futuro sogno un Monumento come Sanremo, Roubaix o Fiandre ma anche la maglia iridata sarebbe speciale da indossare per un anno intero. Quest'anno ho provato la Classicissima ma non ero al cento per cento, ero un po' malato, spero di ritornarci l'anno prossimo in perfette condizioni per vedere fin dove posso arrivare» ci ha confidato prima del via dell'ultima tappa vinta da Olav Kooij.
Dopo la trasferta in Cina non ha in programma vacanze esotiche, ricaricherà le batterie aiutando nell'attività di famiglia, una grossa fattoria nella campagna belga sul confine con il Lussemburgo, e trascorrendo tempo con gli amici. «Quando l'anno scorso Yves Lampaert ha vestito la prima maglia gialla del Tour e tra le lacrime incredulo ha detto ”Sono solo il figlio di un contadino” ho trovato le sue parole di una bellezza meravigliosa. È importante ricordare da dove si arriva. La sua famiglia coltiva ortaggi, la mia alleva animali. Abbiamo oltre quattrocento mucche quindi c'è tanto lavoro da fare tra mungitura e pulizia delle stalle. Ho meno tempo di una volta, ma non rinuncerei mai a questa parte della mia vita. Stare tra gli animali mi diverte e mi fa stare bene, non potrei nemmeno abitare da un'altra parte. Vivere a un'ora e mezza dall'areoporto di Bruxelles non è comodissimo per la vita di un atleta professionista che viaggia tanto, ma io preferisco stare lontano dal caos e dalla frenesia, questi feeling li accetto solo in volata» dice Arnaud, che è l'unico toro della fattoria De Lie ad avere un nome.
«Sono il “capo” dei tori – ha raccontato scherzando con il giornalista Renaat Schotte che ha realizzato per la rivista Procycling un bel servizio su Arnaud trascorrendo con lui una giornata nella fattoria di famiglia - Abbiamo dato il nome ad alcune mucche “speciali” Simonne, Sidonie e la piccola Sabine, una 'Brune des Alpes'. Il mio soprannome invece è stato inventato da Jacques Ninane, organizzatore e annunciatore del Kid's Trophy, quando correvo in mtb. Mi piace, per questo imito le corna del toro come gesto di vittoria».
Arnaud ha ereditato la passione della bici dal padre Philippe. «Praticava mountain bike, disciplina da cui sono partito anche io – ricorda. - Io ho inziato a 6 anni, le primissime gare ero agitatissimo, alla terza ho colto la prima vittoria. Sono passato alla strada a 11 anni e, seguendo in TV il Tour, mi sono detto che un giorno sarei arrivato al professionismo. Nel 2020 il sogno ha iniziato a prendere forma. Dopo il titolo belga juniores, Kurt van de Wouwer mi ha contattato chiedendomi di correre per la squadra giovanile della Lotto».
Era sulla strada giusta e ne ha avuto conferma al terzo giorno di gara da professionista, quando ha vinto la seconda tappa del Circuit des Ardennes International 2021. «Non so che corridore posso diventare. Mi ispiro a Wout van Aert, Tom Boonen e Johan Museeuw, grandi campioni, che all'inizio della stagione brillavano/brillano nelle classiche e poi nelle volate dei grandi giri. Due su tre sono stati campioni del mondo e il terzo prima o poi sono certo lo sarà. Proverò a fare altrettanto, ma tempo al tempo».
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