Il 1998 è l’anno dell’accoppiata Giro-Tour di Marco Pantani: chi non lo sa, chi non lo ricorda? Ma non solo. È anche l’anno della tragedia della funivia del Cermis e della prematura morte di Lucio Battisti. In quell’anno Microsoft lanciò il sistema operativo Windows ’98, così come la nascita di Google, il motore di ricerca più famoso e utilizzato al mondo. Nelle radio invece impazzavano Vasco Rossi con “Quanti anni hai”, Pino Daniele con “Je so’ pazzo” e gli 883 con “Hanno ucciso l’uomo ragno”, canzone del 1992, rilanciata nella prima raccolta della band nel 1998 appunto.
Lo sport vedeva il sesto anello degli invincibili Chicago Bulls di Michael Jordan, la settima Champions League del Real Madrid e il 25esimo Campionato della Juventus. La Francia trionfava al Mondiale in casa nel segno di Zidane, premiato mesi più tardi con il Pallone d’oro. In Formula 1 Hakkinen diventava campione del mondo per il secondo anno di fila, mentre in Inghilterra Ivanisevic affondava sotto i colpi di Peter Sampras, che portava a casa il suo quinto Wimbledon.
Anche il Tour, in quella calda, caldissima estate del 1998, portò dietro di sé un’altra storia, non certo edificante, diciamo pure tormentata e dolorosa. L’inizio di quel viaggio cominciò con un fuoristrada pericoloso. Mancavano solo tre giorni al via e le squadre erano ormai in viaggio per raggiungere l’Irlanda quando scoppia improvvisamente lo scandalo Festina. La squadra di Richard Virenque viene estromessa dalla Grande Boucle con l’accusa pesantissima di doping di squadra. Tutto perché all’alba di quell’8 luglio del 1998, Willy Voet, massaggiatore della Festina, fu fermato alla dogana svizzera con una macchina imbottita di sostanze dopanti. La procura francese aprì subito un’inchiesta, Voet venne interrogato per ore e negò ogni responsabilità, ma chiamò in causa il direttore sportivo Roussel e il medico della squadra Erik Ryckaert.
In seguito ci furono fermi che vennero trasformati in arresti e quel Tour non solo partì nel peggiore dei modi, ma proseguì anche peggio, rischiando a più riprese di non arrivare mai a destinazione. Sul traguardo di Aix Les Bains (17a tappa, 29 luglio, ndr) - lo ricordiamo bene - al termine dell'ultima tappa alpina, si presentò un gruppo di corridori rabbioso e dilaniato dal dubbio: continuare o fermarsi? Jalabert e tutta la Once decisero di tornare a casa, così come gli spagnoli della Banesto o i superstiti della Riso Scotti.
Erano giorni caldi, in tutti i sensi: la Gendarmerie non ne voleva sapere di allentare la presa. Ogni sera perquisizioni: «Così non è possibile andare avanti!», sbottò Jalabert. Pantani era già in maglia gialla, a Parigi mancavano solo quattro giorni. «Il clima era davvero irrespirabile - ricorda Martinelli -, ma il direttore del Tour Jean Marie Leblanc ci chiedeva collaborazione, fiducia e pazienza. Si affidava a Marco, al suo carisma in gruppo, per proseguire il proprio trionfale cammino verso Parigi. Lo implorava: era troppo importante arrivare sui Campi Elisi. Dopo l’impresa sul Galibier, Marco aveva conquistato i cuori di tutti, anche dei tifosi francesi, che erano rimasti estasiati da quell’impresa. Quel 2 agosto Marco vinse perlomeno due volte: per se stesso e per il Tour. Molti oggi se ne sono scordati».
Foto Roberto Bettini