No Vegni, non è questo che si intende per tappe più spettacolari al Giro. Il cane in mezzo al gruppo mi sembra un tantino esagerato. E oltre tutto non è neanche questa grande novità: il parco zoo del Giro non nasce qui, con questo bastardone – di nome e di fatto – che al chilometro 19 si iscrive alla corsa e comincia a gareggiare, facendo volare Ballerini e poi di riflesso persino il divetto Evenepoel (cane ambizioso, niente da dire, lavora benissimo, almeno nella scelta degli obiettivi). No, non è certo il primo caso: così, d'istinto, mi viene subito in mente un collega – non mio, del cane – che anni fa sfilò lanciatissimo, orecchie all'indietro, di fianco al gruppo lungo un vialone di Avellino, quella volta senza peraltro abbattere nessuno, ma più ancora torna chiaramente alla memoria il celeberrimo gatto della Costiera che mandò all'ospedale Pantani il 25 maggio 1997 (non ho una memoria così prodigiosa, basta digitare su Google), scendendo dal valico di Chiunzi.
Animali decisivi e animali anonimi, se vogliamo tutti legati da un unico filo rosso: molto presenti e temibili da queste parti campane. Non che manchino altrove, ma a questi va riconosciuta una particolare e appassionata predisposizione in salsa rosa.
Resta il fatto che per un pelo – di cane – abbiamo rischiato di perdere la grande star di questo Giro, già in maglia rosa con una spaventosa cronometro d'apertura, nelle ultime ore un pelo – di cane – meno quotato per via di una scoperta choccante, la fragilità della sua squadra, dimessasi in blocco già sulle prime ridicole rampe della corsa, salendo verso Lago Laceno.
L'argomento del giorno dunque va rivisto. L'abusato e un po' spinto “Giro finito” già alla prima tappa è diventato improvvisamente “Evenepoel non ha squadra”, il che riapre improvvisamente il pianeta chiacchiere tra quelli che la sanno lunga (qui in Giro, praticamente quasi tutti). Ognuno spara la sua: guarda la Ineos, quella sì è una squadra, guarda la Jumbo e la Uae, quelle sì sono squadre, se si mettono tutte ad isolare Evenepoel il piccolo fenomeno non salva le ossa, perchè non può da solo inseguire tutti.
Tira un'aria nuova, dopo una sola tappetta di semi-salita. Tutto quello che una (breve) cronometro aveva già deciso, adesso è incerto e riaperto. Meglio così. Viva il Giro imprevedibile, viva il Giro che riesce a non essere scontato e banale. Fosse anche solo ad opera di un bastardo – quadrupede – che nessuno riesce a prevedere, ma potenzialmente capace di battere – abbattere – Evenepoel senza neanche alleanze e giochi di squadra.
Per quanto mi riguarda, non prenderò parte al prevedibile talk-show dal titolo “Cosa ci faceva lì quel cane, dov'era l'organizzazione”, perchè conosco troppo il Sud d'Italia per non sapere che nessuna organizzazione, neppure quella divina, riuscirà mai a circoscrivere e contenere le velleità ciclistiche dei cani, proprio là dove il randagismo è un'endemica piaga sociale (e comunque faccio presente che sempre più spesso, negli ultimi anni, per abbattere corridori non servono bastardi a quattro zampe, bastano quelli girati a favore di selfie, poliziotti imbranati, fotografi incoscienti e compagnia cantante).
Resta confermata una verità perenne e incontrovertibile: nei grandi giri, ogni giorno l'imprevisto viaggia in gruppo (vedi ovviamente anche le cataste del finale). Nei modi più insondabili e imprevedibili. Non a caso, si enfatizza raccontando che i corridori fanno un maledetto mestiere da cani.
Quanto invece ai teoremi e ai trattati dell'ultima ora, questo Evenepoel spacciato per mancanza di squadra, mi limito senza fare nomi a ricordare che soltanto tre anni fa un ventiduenne ha vinto il Tour de France correndo da solo, sfruttando le ruote del rivale (casualmente: Roglic) e suonandolo nell'ultima cronometro. Ogni storia è diversa, lo so. Ma anche questa è un'opzione, quando il corridore solitario e isolato ha il difetto d'essere un fuoriclasse.