La bicicletta non trova ingresso nella aule di giustizia, non interessa le istituzioni e chi gestisce la legge, lo dimostra l’ultima Sentenza della Cassazione sul tema risarcimento del ciclista.
Esclude infatti di valutare un risarcimento ad una donna che a seguito di un incidente non potrà più utilizzare le due ruote quale mezzo di locomozione, escludendolo quale fonte di “personalizzazione del danno”. La vittima in questione utilizzava la bicicletta quale mezzo di locomozione (ci andava al lavoro, a fare la spesa, l’aperitivo…) e non potrà più farlo a causa dei danni fisici riportati a seguito di un incidente (la signora era stata investita da un’auto mentre si trovava su una pista ciclabile).
La personalizzazione del danno è un principio che prevede il riconoscimento di una percentuale in più qualora l’incidente abbia avuto ripercussioni su aspetti dell’esistenza della persona non attinenti alla vita comune.
Viene facile il ragionamento quando si trattasse, ad esempio di uno sportivo agonista, il quale non potrà più svolgere attività sportiva rivoluzionando la propria esistenza: in quel caso si può agilmente riconoscere e dimostrare la particolarità del caso, e lo stesso potrà ottenere una cosiddetta “personalizzazione”, in altri termini una somma in più rispetto ad una persona che a parità di danni fisici non svolgeva alcuna attività sportiva.
La Cassazione dichiara che la signora può benissimo utilizzare altri mezzi di trasporto, indicando il veicolo a motore, ed affermando che la bici non aggiunge nulla all’esistenza di un individuo che avesse scelto il più ecologico e salutare tra tutti i mezzi di trasporto (tra questi i Giudici elencano auto, moto, mezzi pubblici).
Il risarcimento “maggiorato” è stato quindi negato, ritenendo che la circostanza non rientra tra le conseguenze del tutto peculiari, diverse da quelle ordinarie, pertanto il mancato utilizzo della bici configurerebbe, secondo la Cassazione, un pregiudizio comune ad ogni soggetto che subisca quel tipo di danno o lesione.
In un passaggio della Sentenza si legge che “non è da ritenersi un danno specifico, infatti l’impossibilità di andare in bicicletta non necessariamente priva di autonomia negli spostamenti, rimanendo la possibilità di altri mezzi privati”. La liquidazione di un danno dovrebbe invece tener conto di tutti gli aspetti che incidono sulla vita, intesa come esistenza, della persona danneggiata, restituendole quanto l’evento dannoso le abbia sottratto (restitutio in integrum).
Il principio sancito da questa Sentenza pone quindi dei paletti molto stretti quando si tratta di danni subiti da ciclisti, uniformandoli a chi non ha scelto di utilizzare le due ruote “muscolari” per muoversi nelle città.
COME SI CALCOLA IL DANNO
Ci sono criteri ben precisi ed ogni caso deve essere trattato singolarmente, tenendo conto di tutte le variabili, compreso lo stile di vita del danneggiato prima dell’incidente e quanto è stato modificato: si parte comunque sempre dal supporto e valutazione di un medico legale, il quale stabilirà un punteggio, giorni di invalidità, spese per le cure, ma anche eventuale diminuzione di capacità lavorativa, perdita di chance ed altre voci di danno possibili..
Il Medico Legale stabilisce un punteggio, i giorni di invalidità, le spese per le cure, descrive l’iter seguito dall’infortunato ponendo l’accento sugli aspetti più particolari, anche in base all’attività svolta e consegna all’Avvocato il suo elaborato.
A quel punto, tramite tabelle riconosciute dal tribunale l’avvocato effettua un calcolo monetario, tenendo conto anche di tutte le pecurialità di quella persona, pur considerando che nessuna diminuzione del bene salute potrà mai trovare la contropartita in una somma di denaro.
L’intento del risarcimento sarebbe però quello di avvicinarsi il più possibile alla somma che possa restituire la menomazione subita, con una somma che possa definirsi equa e comprensiva di tutti i danni elencati sopra.
In questa ultima fase bisogna far emergere gli aspetti più specifici, come quelli che attengono ad un corridore professionista che non abbia potuto partecipare ad una gara importante, giocandosi così la possibilità (chance) di ottenere un risultato con conseguenze sulla sua posizione contrattuale ed economica. Sono voci di danno aggiuntive, che si vanno ad aggiungere al danno emergente fino ad ottenere il giusto risarcimento.
Per questo è importante raccogliere con particolare diligenza tutta la documentazione che possa agevolare l’avvocato nel calcolo del danno (ad esempio l’iscrizione alla gara, i punteggi raggiunti, un contratto di sponsorizzazione, un incarico di lavoro poi recesso a causa dell’incidente), e poter formulare una richiesta danni più vicino possibile al concetto di “giusto risarcimento”.
Nel nostro caso l’avvocato aveva inserito nelle proprie richieste una personalizzazione del anno, dovuta all’impossibilità della signora di utilizzare il suo mezzo di trasporto preferito, quale conseguenza dell’incidente stesso, ma la Cassazione ha smentito la richiesta ritenendo che la danneggiata potesse utilizzare l’automobile o altri mezzi privati, negando il risarcimento.
Avvocato Federico Balconi