Ha dovuto attendere il suo quarto anno da professionista ma, al Tour of Oman 2023, Matteo Jorgenson è finalmente riuscito ad alzare le braccia al cielo per la prima volta in carriera. Il corridore americano, con nome italiano, cognome svedese, che corre per una squadra spagnola, la Movistar, ma vive in Francia, a Nizza, è considerato uno dei migliori prospetti d’oltreoceano, un ruolo che il classe 1999 ha preso estremamente sul serio.
Cresciuto nell’Idaho, si è trasferito in Europa a 20 anni, allontanandosi dal percorso tipico dei ciclisti statunitensi moderni, ovvero quello che li vede transitare per le fila della Hagens Berman Axeon di Axel Merckx. La squadra del figlio d’arte, infatti, aveva respinto al mittente la sua candidatura, così Jorgenson ha fatto di tutto per trovare spazio in Europa, riuscendoci grazie alla squadra satellite dell’AG2R, il Chambéry CF.
All’AG2R, però, per il salto tra i professionisti Jorgenson ha preferito la Movistar, che lo ha accompagnato e aspettato fino all’arrivo di Jabal Haat, dove l’americano dai capelli rossicci ha fatto finalmente valere la sua legge. Una vera e propria liberazione per il ragazzo, che cominciava a mettere in dubbio le sue capacità: «Pensavo che questa vittoria non sarebbe mai arrivata, a un certo punto cominci a pensare che non sei forte abbastanza, che vincere non fa per te, e invece eccomi qui - racconta Matteo -. Quando sono arrivato in Movistar volevano convincermi che fossi un corridore con le possibilità di vincere, ma io ci credevo poco e, anzi, se devo essere onesto, pensavo di non meritarmi nemmeno di essere professionista. Ho cominciato quindi un percorso per convincermi di poterlo essere e per farlo dovevo arrivare davanti nelle corse. Oggi (ieri, ndr) questo percorso si è completato, sto vivendo un sogno. Se è l’inizio di qualcosa di grande? Beh, lo spero».
Il successo è arrivato dopo 17 piazzamenti nei primi 10 tra tappe, classifiche generali e classiche di un giorno, spalmati soprattutto nell’ultimo anno e mezzo: «Ad ogni gara impari qualcosa, soprattutto dai corridori che ti battono nel finale. L'anno scorso ci sono andato vicino molto spesso, anche al Tour de France, dove in diverse occasioni penso di essermi giocato male le mie carte».
Per Jorgenson il pensiero della vittoria stava cominciando a diventare un’ossessione: «La pressione me la sono sempre messa da solo, negli ultimi anni ho pensato e mi sono allenato come se fossi un leader, con l'unico desiderio di vincere – spiega ancora -. A gennaio ero in Spagna ad allenarmi da solo, isolato da qualsiasi cosa e concentrato al massimo, e ho visto che la gamba cominciava a girare, che i numeri iniziavano ad essere buoni, ma era difficile pensare di sbloccarsi già qui in Oman».
Invece a Jabal Haat ha dimostrato di essere nettamente il più forte, rompendo per primo gli indugi e poi vincendo di prepotenza la volata in salita. Il tutto nonostante i 190 centimetri di altezza, che ne fanno uno scalatore più adatto a salite lunghe e regolari: «Volevo provarci nella parte più dura della salita e l'ho fatto, mi hanno seguito un po' di corridori ma lì ho capito che in volata forse avrei potuto batterli. Tejada ha tenuto alta l'andatura per Lutsenko e io sono partito ai 200 metri dall'arrivo senza mai voltarmi indietro, anzi, forse una volta mi sono girato, ma ero talmente cotto che non ho visto niente. Oggi è stata questione di pazienza, ma ovviamente anche di grandi gambe. Di solito preferisco salite più lunghe, in queste più esplosive tendo a soffrire, ma al momento sono talmente in buona forma che sono riuscito a vincere pure qui».
Ora come ora, risulta perfino difficile collocarlo in termini di caratteristiche, e non è un caso che la Movistar abbia riservato per lui un calendario piuttosto variegato, che lo vedrà al via di brevi corse a tappe come Parigi-Nizza, ma anche di corse col pavé come Omloop Het Nieuwsblad e Giro delle Fiandre, alle quali si aggiungeranno le classiche delle Ardenne e, a luglio, il Tour de France, che ha già fatto l’anno scorso. Intanto, però, c’è da vincere il Tour of Oman, visto che ha conquistato la maglia rossa e domani dovrà difenderla sull’impegnativo arrivo sulla Green Mountain: «Sto davvero bene, sulla Green Mountain dovrei riuscire a difendermi. Oggi ero il più forte, spero di esserlo anche mercoledì».
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