Un finale di 2022 terribile per il ciclismo italiano, prima la tragica fine di Davide Rebellin, poi la morte di Ercole Baldini e poi quella di Vittorio Adorni. Tre grandi campioni che avrebbero meritato i funerali di Stato per i titoli olimpici e mondiali conquistati e per il prestigio dato al ciclismo italiano.
Ercole Baldini era il Direttore Sportivo della squadra Ignis 1965 di patron Guido Borghi nella quale militava anche mio fratello Alberto.
Vittorio Adorni debuttò nel professionismo nel 1961 nello stesso anno di mio fratello Alberto. Vinse la sua prima gara da professionista grazie ad una furbata di mio fratello nella 4a tappa Nuoro/Olbia di 133 km. del Giro di Sardegna 1962.
In quella tappa quattro corridori in fuga si apprestano a disputare la volata finale. Sono il belga Schroeders (Faema) il più veloce e sicuro vincitore, Vittorio Adorni (Philco), Alberto Marzaioli e Giuseppe Corsini (S.Pellegrino). Rik Van Looy, il capitano del belga e vincitore di quel Giro, aveva mandato in fuga il suo pupillo sicuro che avrebbe vinto la tappa. Entrambi però avevano fatto i conti senza l’oste. L’oste fu mio fratello Alberto che organizzò un tranello per avere ragione del velocista Schroeders. A circa 1500 metri dalla linea d’arrivo mio fratello invita il suo compagno di squadra Corsini a partire, cosa che Corsini fece subito guadagnando terreno a vista d’occhio.
Schroeders tentennò parecchio ma quando capì che la vittoria gli stava sfuggendo fece uno sforzo enorme per raggiungerlo. Ormai sfinito raggiunse Corsini e si rilassò un attimo ma non ebbe la forza di rintuzzare la rimonta di Adorni e Marzaioli che lo superarono negli ultimi 50 metri. Ordine d’arrivo 1. Adorni, 2. Marzaioli, 3. Schroeders, 4. Corsini. Adorni sarà sempre riconoscente a mio fratello per quella furbata, dopo l’arrivo il belga venne verbalmente aggredito dal suo capitano per la mancata vittoria.
Quando l’8 aprile del 2017 il Comune di Maddaloni intitolò a mio fratello una strada del centro storico della città che da allora si chiama “Vicolo Alberto Marzaioli ciclista” mi premurai di invitare Adorni. Per impegni già presi non potette venire ma mi inviò un suo ricordo ed un suo saluto che di seguito pubblico integralmente:
“Carissimo Amedeo, mi spiace non poter essere presente alla manifestazione in ricordo di Alberto, ma i troppi impegni in questo periodo mi costringono al lavoro.
Parlare di Alberto non è difficile, aveva un anno in meno di me, ma siamo passati al professionismo ciclistico nello stesso anno, il 1961, lui con la San Pellegrino, io con la Vov.
La sua era una squadra formata da giovani promesse, il più vecchio era Ugo Massocco del 1928, ed eravamo entrambi pieni di speranze, anche se i tempi non erano facili. Io avevo come Direttore Sportivo un grande del ciclismo, Learco Guerra, e Alberto aveva Gino Bartali, quindi eravamo in “buona compagnia”.
Nel 1962 in una tappa al Giro di Sardegna con arrivo a Olbia vinsi la tappa – la prima da professionista – con arrivo in una pista in terra battuta, Alberto arrivò secondo mentre il terzo fu il belga Willy Schroeders. Dopo l’arrivo avvenne un fatto che mi lasciò perplesso. Rik Van Looy, capitano di Schroeders, si avvicinò al suo compagno e quasi prendendolo per la gola gli disse: “Ricordati che io ti lascio andare in fuga, ma se non vinci in fuga non ci vai più”. Mi fece impressione e con Alberto ne parlammo il giorno dopo, d’accordo sul fatto di essere fortunati a non essere nella sua squadra. Con Alberto ero amico, parlavamo spesso del nostro futuro, ci scambiavamo le nostre opinioni, i nostri obiettivi e le nostre speranze. Alla fine forse ho avuto più fortuna io, lui ha corso fino al 1965, l’anno in cui vinsi il Giro d’Italia. Era una amicizia sincera, senza discussioni, e sono contento che la sua città gli abbia intitolato una strada, perché pochi ciclisti sono stati ricordati al di fuori di Fausto Coppi e Gino Bartali, e che lo ricordiate con una bella festa in suo onore, se lo merita.
Vi saluto tutti con un forte abbraccio e un Evviva ad Alberto che ci guarda da lassù. Vittorio Adorni”