Quindi la Gazzetta ha scritto poco del Giro Donne non per questioni “politiche”, ma solo e soltanto per scelte editoriali, economiche e di opportunità. Il messaggio che domenica sera mi è arrivato è forte e chiaro: la Gazzetta dello Sport è una cosa, Rcs Sport è un’altra. Stessa famiglia – quella di Rcs MediaGroup del presidente Urbano Cairo (dal 3 agosto 2016 ha in pratica azzerato il debito che era di 382,9 mln) –, ma conti, strategie e obiettivi sono diversi. Ed è pleonastico dire che i conti devono anche tornare: ça va sans dire.
Torno sull’argomento perché sollecitato dai vertici del quotidiano sportivo più venduto d’Italia, per precisare che “il foglio a tinte rosa” nulla ha a che fare e vedere con questioni politiche e organizzative. Sono due parrocchie: una guidata da Stefano Barigelli, direttore della Gazzetta dello Sport e l’altra da Paolo Bellino, amministratore delegato nonché direttore generale di Rcs Sport.
Torno a parlarne per una questione di chiarezza, come gentilmente mi è stato chiesto di fare, per spiegare in modo netto che “La Gazzetta dello Sport” fa la sua corsa, mentre Rcs Sport ne fa un’altra. Quindi, il quotidiano sportivo più venduto in Europa nulla ha a che fare con le strategie politiche sportive portate avanti da Rcs Sport in questi mesi e che la vede impegnata ad acquisire la “corsa rosa” femminile (ne aveva la possibilità quattro anni fa, “a gratis”, ma hanno detto no) o a vararne una nuova di zecca che vada in concorrenza con quella portava avanti in questi ultimi anni dalla PMG di Roberto Ruini. Una domanda per altro postata fuori tempo massimo – visto che per il calendario 2023, la data ultima era quella del 25 marzo -, ma per i grandi capi di via Rizzoli, poco importa. Che poi la domanda sia stata inoltrata direttamente all’Uci, senza passare come di prassi e da galateo politico-sportivo dalla Federciclismo, è solo una questione di stile.
Gli amici di Gazzetta ci hanno tenuto a precisare che lo scarso spazio dedicato al Giro Donne non era assolutamente riconducibile a questo stucchevole braccio di ferro che è in atto da mesi tra Federciclismo e Rcs Sport. Le ragioni sono molto più semplicemente editoriali e di opportunità. Il ciclismo, e quello femminile in particolare, non è motivo di acquisto del foglio rosa. Chi va in edicola o scarica come me Corriere e Gazzetta sull’iPad, lo fa per Inter Milan Juventus e Ferrari. Stefano Barigelli, direttore della rosea, deve guardare i numeri e i numeri dicono inequivocabilmente che la Gazzetta è tornata ad essere il secondo quotidiano d’Italia, secondo solo al cugino Corriere della Sera. I lettori sono in crescita e al suo direttore Barigelli questo interessa. Il messaggio che mi è stato inviato è stato chiaro: avremo anche dato poco spazio alle donne ma solo per una questione editoriale e di costi (la carta, con l’aumento dei costi per l’energia è letteralmente schizzata alle stelle), non certo per affiancare Rcs Sport, anzi. Non è un mistero se dico che tra le due realtà di Rcs MediaGroup non scorra buon sangue… anzi. Questo lo racconto per una ragione molto semplice: far sapere a voi tutti, amici del ciclismo che di biciclette come noi vi nutrite, quale è il giro del fumo. Quindi nessun collegamento tra le due azioni (poco spazio sulla Gazzetta per dare forza alla politica di Rcs Sport), ma soprattutto nessuna ritorsione.
Poi c’è la questione Mauro Vegni, neo presidente di lega, con un evidente quanto imbarazzante conflitto di interessi che è sotto agli occhi di tutti, meno degli interessati, ma questo è tutto un altro discorso. Silvio Martinello qualche giorno fa ne ha parlato con dovizia di particolari dall’alto della sua conoscenza regolamentare. Io mi sono limitato a sollevare un problema: può il direttore del Giro d’Italia stazionare in una stanza dove, seppur poco, qualcosa si decide in nome e per conto non solo dei Gruppi Sportivi (due) ma di altri organizzatori? In attesa che mi invitino a cena per somministrarmi dell’olio di ricino, mi vado a bere una Coca Cola.