Caro Direttore, non sarebbe corretto che mentissi: sono tra quelli che trovano desolanti le prestazioni dei Corridori Professionisti Italiani nelle gare… che contano. Non starò a ricordare l’assenza di piazzamenti dignitosi da parte dei nostri a cominciare dalla Classicissima di primavera fino alla recente campagna del Nord. E in vista dell’imminente Giro d’Italia le previsioni non sono proprio confortanti. Felicissimo di essere smentito.
Dico subito che è ben facile criticare chi pratica professionalmente quel lavoro ai limiti del fachirismo che era ed è ancora il Ciclismo, standosene comodamente seduti davanti al televisore. Facile ma non giusto. Altrettanto da premettere è che non ritengo certo censurabile l’impegno dei nostri atleti , sovente destinati a funzioni di mero gregariato o a ruoli di secondo piano. D’altronde è regola aurea, discutibile finché si vuole ma ancora (e ovunque) dominante, che non conta partecipare. Conta vincere. Ed i nostri Corridori Professionisti è da tempo che non primeggiano. Ultima perla la Roubaix autunnale del portentoso Sonny Colbrelli del 2021. Poi, purtroppo, il nulla, o quasi.
Il dibattito che ha suscitato questo “scadimento” di un Paese ciclisticamente storico, per tradizione e per titoli, ha spaziato dalle problematiche delle categorie giovanili a quella sorta di fucina di talenti che era costituito dal cosiddetto dilettantismo. Nel mezzo, e non potevano mancare, critiche e rilievi più o meno fondati e argomentati alla casa madre, vale a dire alla Federazione Ciclistica. Con annesso bagaglio di rimedi di vario genere per soluzioni efficaci, o almeno realistiche.
In tutto questo bailamme, hanno trovato perfino spazio le dimissioni in blocco dei vertici della Lega del Ciclismo Professionistico. Se ne conoscono le motivazioni, ufficialmente rese di pubblico dominio. E tanto basta. Alla fin fine, con il solito viziaccio di dire ciò che penso, non tutto il male vien per nuocere.
Se non ricordo male, c’è stato un tempo in cui, oltre ad una bella schiera di Atleti-Campioni, c’era in Italia anche una Lega in grado di rappresentare con la necessaria autorevolezza istituzionale i Corridori Professionisti. Quelle persone, donne e uomini, che - non mi stancherò mai di rilevarlo - decidono di lavorare di Ciclismo, dedicando gli anni migliori della loro vita ad una disciplina agonistica che ancor’oggi, anno del Signore 2022, ha nei propri fondamentali il sacrificio e la fatica. Roba che non digitalizzi, ma che sperimenti sulla pelle.
Un passo non poco determinante nell’ auspicato… Rinascimento del cosiddetto Ciclismo dei Grandi sarebbe già quello di avere una LEGA DEL CICLISMO PROFESSIONISTICO che ne fosse davvero tutrice e portavoce nelle sedi che contano. In primo luogo nei confronti dell’UCI, troppo spesso dimentica dello stesso significato del nome che porta. In proficuo e diretto rapporto, fondamentale, con la FCI, e presieduta da una persona che, a prescindere da una lodevole passione, abbia meriti, titoli e competenze effettivamente e concretamente Ciclistici che, unitamente ad una stima incondizionata, ne garantiscano appieno il ruolo e le riconnesse prerogative.
Insomma, sono dell’avviso che una Lega davvero autorevole, e attrezzata alla bisogna, sarebbe già un buon viatico perché il nostro Professionismo non abbia anche a sentirsi come un dio minore.
Cordialmente, Fiorenzo Alessi