Caro Sonny, adesso che lo spavento è passato, lasciaci parlare di questo spavento. Purtroppo, è ansia che si aggiunge ad ansia: forse è solo una coincidenza, forse ci facciamo più caso perchè sono tempi già di per sé ansiogeni, ma non possiamo proprio evitare che negli ultimi tempi questi vostri problemi di cuore ci portino a inevitabili domande. Domande da ignoranti, ma anche il più competente dei medici è certamente in grado di giustificarle. Domande come: dopo Ulissi, dopo Viviani, dopo Moscon, davvero dobbiamo considerare questi accidenti come casuali e slegati tra loro? E' possibile che una così alta percentuale di problemi colpisca la ristretta cerchia dei superatleti di vertice? E' tutto scritto nella loro natura, o piuttosto non entrano in gioco anche gli effetti di sforzi sempre più esasperati, di un'attività sempre più stressante, di velocità sempre più folli?
E a seguire: quanto valgono, quanto sono attendibili, quanto servono gli esami specifici che ogni professionista affronta prima di andare alle gare? Certo vanno fatti, certo aiutano a scremare subito le possibili anomalie, ma quanto ci possiamo davvero fidare degli esiti? E ancora: com'è possibile che poi persino la valutazione finale dipenda dalle lune di un Paese o dell'altro, come dimostra il caso Eriksen, il miracolato che ora in Italia non può più giocare, eppure gioca tranquillamente in Inghilterra e anzi viene pure riconvocato dalla sua nazionale danese?
Naturalmente non sono domande rivolte a te, caro Sonny. Sono rivolte all'ambiente in generale, che davanti al tuo dramma - benché a lieto fine – non può non porsi qualche interrogativo, soprattutto là dove si parla di attività sempre più esasperata, sempre più estrema. E' da una vita che sento dire dai bravi medici il più oscuro dei paradossi, “troppo sport fa male”: hanno davvero così ragione loro, nell'epoca in cui si cerca il troppo di tutto?
In ogni caso, adesso è fondamentale che tu ti metta tranquillo con la raffica di esami che ti stanno preparando. L'istinto dell'atleta è dire (e pensare, e sentire) “voglio tornare al più presto in corsa”, ma in questo caso l'istinto deve starsene un po' a cuccia. Tu sei padre di famiglia, e non sei neppure il tipo a cui vada ricordato che “la salute prima di tutto”. Ci arrivi da solo perchè sei un ragazzo in gamba. Non a caso sei uno di quei personaggi cui tutti vogliono bene, con i tuoi modi semplici, la tua passione sincera, la tua volontà di acciaio. Il tuo parlare sensato.
Nella nostra vita riceviamo spesso dei segnali, chissà poi se ce li manda davvero il Cielo o semplicemente il caso: la fortuna ha voluto che questo segnale a Colbrelli non fosse una sentenza senza appello, ma un passaggio spaventoso a lieto fine, però proprio per questo non va ignorato e sottovalutato.
Caro Sonny, fai con calma. Non ascoltare soltanto l'istinto, stavolta fai correre la ragione. Se alla fine sarà possibile tornare in bicicletta, magari davanti a tutti in un'altra Roubaix, il mondo intero ne sarà felice quanto te. Ma anche nell'altro caso, nel caso in cui “la salute prima di tutto” imporrà lo stop, nessuna titubanza: sarà comunque un trionfo, più ancora della Roubaix. Perchè comunque sarai ancora Colbrelli, qui, sulle strade di questo mondo, magari ancora più felice dopo aver provato il terrore del buio.
Naturalmente, nemmeno il caso di dirlo, tutti facciamo il tifo per il Colbrelli che abbiamo lasciato, in piena volata, nonostante poco allenamento e la convalescenza dalla bronchite, solito combattente, comunque capace di arrivare secondo. Il tuo sogno è il nostro sogno. Ma non a tutti i costi, mai e poi mai. E' il momento di dircelo fuori dai denti, guardandoci negli occhi, nessuno escluso: troppa paura, davanti a tutti questi ciclisti operati al cuore.