Francesco Moser è decisamente abituato a guardare tutti dall'alto. Dall'alto del suo palmarès che lo rende il ciclista italiano più vincente di sempre.
E oggi è dall'alto del 27esimo piano della torre PwC a Milano che il campione trentino ha tenuto a battesimo una doppia presentazione. Quella del libro "Un uomo, una bicicletta" scritto da Beppe Conti con prefazione di Bernard Hinault. E quella del nuovo brand di biciclette FMOSER. Un ritorno al passato, a dire il vero: quella appena lanciata dal campione trentino è la versione 2.0 - o per dirla con precisione, My22 - della sua prima linea di bici, che fu protagonista delle vittorie, tra gli altri, di Bugno, Martinello... e Moser stesso!
Your road, your choice, questo il nome dell'evento, presentato dall'ex pallavolista Rachele Sangiuliano e arricchito dal contributo di: Alessandro Distefano di PwC (la crescita dell'utilizzo della bici nella mobilità), Francesco Scomparin di Fantic (dati esplicativi del boom dell'elettrico) e Alessandra Cappellotto, rappresentante ufficiale delle cicliste presso l'UCI (nella giornata internazionale della donna, descrizione dell'attività dell'associazione Road to Equality per la parità di genere nel ciclismo).
IL LIBRO - Un grande sportivo, un grande corridore, è anche quello che si interessa della tecnologia e contribuisce attivamente al proprio mezzo. Lo si dice spesso per i piloti di Formula 1, vale anche per i ciclisti. In "Un uomo, una bicicletta", volume patinato da collezione pubblicato da Azzurra Publishing (casa editrice dell'etichetta discografica Azzurra Music) viene raccontato soprattutto questo aspetto di Francesco Moser. Sono 10 capitoli per 10 bici: le 9 più significative della carriera di Moser più la nuova FMOSER. «In quest'opera c'è l'uomo dei record e l'innovatore - spiega Beppe Conti - parliamo del terzo corridore più vincente di sempre, unico a trionfare in tre Roubaix consecutive per distacco, oltre a essere l'unico italiano ad aver vinto il Super Prestige in casa dei francesi. E il doppio record dell'ora con quel 51.151 che è anche il nome del suo vino, col pantalone corto, per mettere a tacere i belgi che gli volevano annullare il primo record perché aveva messo i pantaloni lunghi. Ma poi il prologo del Tour de France, praticamente disegnato per Merckx, dove Moser vinse e a chi aveva già messo Molteni sulla maglia gialla disse "Toglietelo che io sono Filotex"». Al che Moser ricorda le sue prime vittorie, i ricordi su pista, il Vigorelli: «Quando iniziai io, l'aerodinamica non esisteva: si usavano le tasche davanti che facevano praticamente da paracadute. In generale si correva senza pensare all'abbigliamento o al meteo. Si andava lì e magari si veniva sorpresi dal maltempo. Nel 1979 abbiamo aperto un negozio a Trento, in un periodo dove le bici da corsa erano tutte opera di artigiani più o meno grossi. Per la Roubaix si usavano gomme più grosse, si fasciava il manubrio e si metteva una forcella più lunga: feci le mie bici e vinsi. Il record dell'ora? Trovammo una ditta di Somma Lombardo, uno dei primi che lavorava col carbonio per l'aeronautica, e in meno di un mese ci realizzò le ruote. Avevo una condizione preparata per due-tre mesi, alla fine del record ero ovviamente stanco ma mi sentivo bene. Saronni? Arrivò quasi da sconosciuto, io ero rivale con Baronchelli, lui si mise in grande evidenza e si creò questa rivalità, che non ci giovò tra l'altro: eravamo troppo diversi, in tutto (tranne che nella fede interista) e se fossimo stati capaci di metterci d'accordo qualche volta avremmo vinto il doppio. Del resto, la Nazionale è una cosa un po' strana, fino al giorno prima corri contro e poi dovresti metterti d'accordo: o si riesce a fare un accordo di ferro... ma con Saronni era impossibile! Oggigiorno non si usa più fare queste rivalità.»
LE BICI - La nuova, nuovissima vita del "vecchio" marchio FMOSER, dicevamo. L'innovazione è il tema centrale dell'evento odierno. Queste FMOSER classe 2022 sono ibride, si possono trasformare da elettriche a tradizionali in piena autonomia nel giro di 3 minuti ed esistono in 4 modelli: tre da corsa e un gravel. Così racconta lo stesso Francesco Moser: «Tanti ex corridori criticano le bici elettriche, dicono sia anormale che uno come me vada in giro con l'elettrica. Non capiscono nulla: a una certa età non puoi pretendere di poter sostenere gli stessi sforzi di un tempo. E poi è bello rendere accessibili alla gente normale certe salite e certi terreni. Quando ho provato le bici elettriche ho capito come gestire la batteria e i miei sforzi per poter andare davvero ovunque e non rischiare di farmi male. Ho visto nascere e crescere queste bici, ora spero che incontrino l'approvazione del pubblico. Comunque il nostro progetto prevede un'evoluzione in futuro per diventare protagonisti in questo segmento». Il progetto è nato e si è sviluppato in seno all'azienda Fantic, che col supporto di partner importanti tra i quali Fsa, Sram e Garmin, ha dato vita ed energia alla visione di Moser: aprire la strada... della strada, di qualsiasi strada, anche a chi non ha una preparazione fisica adatta alle sfide ciclistiche più ardue. Un mezzo per avvicinare una fetta sempre più ampia di popolazione al mondo di sellini e pedali e alla mobilità sostenibile.
A concludere l'evento, una vera e propria masterclass ad opera di Enrico e Ilaria, tecnici Fantic, che hanno mostrato quanto sia agevole il passaggio dall'una all'altra modalità. Saranno anche pubblicati dei tutorial on line.
Moser sarà uno dei protagonisti della prossima puntata del nostro podcast BlaBlaBike
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