Non ha mezzi termini Filippo Pozzato, che ospite su Instagram di Lello Ferrara ha detto la sua su svariati argomenti riguardanti il presente e il futuro del ciclismo italiano:
I SOCIAL - «Se ben utilizzati sono una gran cosa, io ero visto come uno stupido quando iniziai a usarli nel 2010, e tuttora se vedi Cristiano Ronaldo sullo yacht è un figo, se lo fa un ciclista è un co****ne perché non fa la vita da atleta. Quando io e Paolini ci prendevamo qualche giorno per andare a sciare, dovevamo farlo quasi di nascosto. Questo perché ci sono tanti appassionati di ciclismo ancora con la visione romantica dello sportivo di una volta. Invece, condividere ciò che di bello mi accadeva nel ciclismo e nella vita di tutti i giorni è qualcosa che mi piaceva. E soprattutto, è utile per il futuro del movimento! Eh sì, perché se mostriamo il ciclismo sempre e solo col cliché dello sport di fatica e dei sacrifici, è normale che i ragazzi non vi si avvicinino. Questo sport ha dei valori fondamentali che sono e saranno sempre alla sua base, e quelli fanno la differenza rispetto ad altre discipline. Se però non comunichi qualcosa di bello, come fai a far breccia tra i giovani e far conoscere le meraviglie del nostro sport? Il ciclismo è figo, il ciclismo è uno stile di vita che va mostrato e promosso nel migliore dei suoi lati, non solo quello delle gare. Quindi, ben vengano i corridori di oggi che sono molto attenti ai social e ci tengono a curare la propria immagine!»
LA SALUTE DEL MOVIMENTO - «Da allievo nel '97 avevo già il cellulare. Mi chiamò Damiani, pensavo mi prendesse in giro e invece vado giù per fare i test. Il contratto l'ho firmato in occasione del Mondiale di Verona del 1999, alla presenza del dottor Squinzi. La squadra era ben strutturata per poter fare questo passaggio direttamente da juniores a Professionista, è una cosa fattibile. Nel ciclismo di oggi, per chi ha le qualità come un Evenepoel, è ancora più semplice fare questo passaggio. E noi abbiamo tanti bei giovani tirati su dalla Federazione: Sobrero ha già dimostrato, Baroncini è campione Under 23, e occhio alla crescita di Gazzoli. Abbiamo un bel movimento che spinge, pure nella specialità della cronometro che in passato un po' mancava. Il lavoro di Cassani è stato veramente importante! Attenzione, però. Gli ex corridori fanno pochissimo per il movimento, se non cercare di fare gli influencer facendosi dare soldi dalle aziende per qualche foto, e i dirigenti hanno minimo settant'anni. Tornando al discorso di prima, se non attraiamo i giovani e non comunichiamo come si deve il ciclismo italiano muore fra dieci anni!»
PROBLEMA WORLD TOUR - «Un tempo i corridori forti venivano in Italia, oggi non c'è nessuna squadra italiana nel World Tour: non si può andare a 50 all'ora in un mondo che viaggia a 100 km/h. Le aziende i soldi da investire ce li hanno, manca ancora un progetto davvero ben fatto. Però non manca molto: Ivan Basso si sta muovendo ottimamente, ha capito perfettamente di cos'ha bisogno un'azienda per arrivare a investire nel ciclismo. Sappiamo tutti che immenso potenziale non sfruttato ha il nostro sport, Ivan è uno di quelli che ci ha visto lungo. Il mio sogno è un team World Tour in Italia competitivo, con persone dalla visione totalmente diversa. Trovo inammissibile che sia stata una Ineos ad aver cambiato totalmente il modo di interpretare il ciclismo e organizzare le squadre. Dico questo perché gli anglosassoni sono bravissimi sui numeri, ma noi abbiamo qualcosa che loro non potranno mai comprarsi: la capacità umana di gestire questi numeri e soprattutto le persone. E uno storico che loro non possono avere: se loro li porti fuori dai numeri fanno disastri, noi italiani siamo bravi a improvvisare e tirar fuori qualcosa di buono dai momenti più difficili. Certo che se da noi RCS, che organizza la corsa più bella del mondo, spara a zero sul suo stesso evento... Manca la capacità di saper presentare, a chi ha il potere di investire, dei progetti corredati da numeri e non solo da favole. Dobbiamo riuscire a convincere gli investitori, i potenziali sponsor, capendo anche le loro necessità. Ivan è sulla strada giusta, e come lui pure Cassani, per arrivare a realizzare ciò che serve.»
COLBRELLI - «Sonny è uno dei tre corridori più forti al mondo nelle corse da un giorno, ha raggiunto una maturità che prima non aveva. Il potenziale l'aveva sempre avuto e Mazzanti ci punta da quando aveva 17 anni. Ne ha sempre fatto una solfa di 'sto Sonny, io gli dicevo "Mazza, questo è bravo ma non vince, i corridori veri fanno la differenza..." Beh, l'anno scorso ha sistemato due cose a livello di centralina e ha fatto vedere ciò che realmente è. E se riesce a mantenere gambe e numeri può fare davvero qualcosa di eccezionale, perché a differenza degli altri sa andar forte in salita. Togliendo Alaphilippe direi che Van der Poel e Van Aert sono i due corridori più forti per le classiche, Van Aert in particolare è il migliore in assoluto. Sonny però è tra coloro i quali lo mettono in difficoltà.»
POZZOVIVO - «Già a 36 anni io non avevo più voglia, figuriamoci a 38! Ma ognuno è fatto a modo suo, ogni frutto va alla propria stagione e ciascuno ha le proprie motivazioni: quello che fa lui è sicuramente da apprezzare.»
LE GARE IN VENETO - «Siamo partiti coi campionati italiani nel 2020 quasi per gioco insieme a Moletta, volevo fare qualcosa per il mondo che mi ha dato da mangiare per vent'anni, e per la mia terra che è una delle più belle al mondo: organizzare gli italiani è più semplice in quanto non ci sono squadre straniere di mezzo, è un tipo di gara già esistente ogni anno e c'è già il know how. La regione Veneto da lì ci ha chiesto di fare qualcosa in più, e da lì abbiamo tirato fuori le tre gare più la Gran Fondo: l'idea della Gravel per professionisti è stata di Jonny, alla Veneto Classic tenevo io in particolar modo per far vedere le principali bellezze del mio Veneto. Siamo giovani e abbiamo tanta voglia di fare, l'idea è di realizzare cose ancor più grandi!»