Nuovo nome, nuovi colori e nuove ambizioni per il Team BikeExchange, sia maschile che femminile. Dopo una fruttuosa campagna di campionati nazionali australiani e neozelandesi, la squadra di Gerry Ryan si è vista costretta a ridisegnare i suoi piano dopo l'annullamento dei consueti appuntamenti inaugurali in Spagna. Oggi, però, con l'inizio dell'UAE Tour e della stagione WorldTour si comincerà a capire meglio la bontà del lavoro fatto in inverno. A muovere i fili del team australiano, coadiuvato anche dall’esperienza in ammiraglia di Vittorio Algeri e Marco Pinotti, ci sarà l'esperto manager sudafricano Brent Copeland, al secondo anno con gli aussie, con cui abbiamo fatto il punto della situazione.
Brent, come state gestendo questo periodo di incertezza, tra gare cancellate e rinviate?
«Non è per nulla facile, ma l'unica cosa importante è che le corse vadano avanti. Poter disputare UAE Tour, Tirreno-Adriatico e Parigi-Nizza è già un'ottima cosa, perché se cominciano a saltare gli appuntamenti WorldTour a quel punto diventa tutto più complicato. È un peccato siano saltate tutte le corse spagnole perché, di fatto, lì avrebbe corso la nostra squadra più forte».
Il gruppo che doveva andare in Spagna, quindi, come si è organizzato?
«Hanno fatto un ritiro in altura a Sierra Nevada, cercando di simulare quanto più possibile una gara a tappe. Ma ovviamente non è la stessa cosa. La cosa più difficile oggi è ricreare un calendario per questi corridori con così poche certezze, perché abbiamo voluto mantenere i blocchi originari, quindi nessun corridore che è andato in Spagna è stato ricollocato in Francia o UAE. La scelta è stata presa confrontandoci con allenatori e preparatori ed è stata dettata anche dal fatto che il nostro capitano Simon Yates è uno che a casa si sa allenare molto bene e arriva alle corse già pronto».
E i corridori come la stanno vivendo?
«Sono a conoscenza delle difficoltà, sanno che non è facile per nessuno e che gli organizzatori si stanno impegnando per tenere in piedi le gare. Nel complesso la stanno vivendo abbastanza bene».
Dove dobbiamo aspettarci il Team BikeExchange protagonista?
«Spero dappertutto. La squadra ruoterà soprattutto attorno a Yates e Michael Matthews. Simon punterà sul Giro d'Italia, ma poi farà anche il Tour, e Michael sulle Ardenne e qualche tappa al Tour de France. Ma abbiamo anche dei giovani che quest'anno potrebbero fare il salto di qualità, come Lucas Hamilton e Robert Stannard. Rispetto all'anno scorso, senza Adam Yates, abbiamo una carta in meno per i Grandi Giri, ma siamo più competitivi nelle classiche grazie all'arrivo di Matthews».
Dopo esserci andato vicino nel 2018 e aver lasciato anzitempo l’anno scorso, Yates è pronto ad un nuovo assalto alla maglia rosa?
«Ha tanta voglia, sta lavorando molto bene. C'è molto rammarico per come sia andato il Giro d'Italia l'anno scorso, perché per come aveva vinto la Tirreno-Adriatico e per la condizione che aveva penso che il podio fosse abbastanza sicuro. Il covid lo ha fermato e l'ha costretto ad un lungo periodo di lockdown. Proprio per questo ora le motivazioni sono altissime; sono sicuro che quest'anno al Giro farà divertire noi e i tifosi, anche perché ama questa corsa».
Mentre Matthews è tornato a casa…
«È il primo anno che lavoro con lui, ma tutti me ne hanno parlato molto bene. È un corridore che può vincere ovunque, quindi è anche difficile scegliere su quali corse concentrarsi. Intanto vediamo cosa farà alla Parigi-Nizza e la Milano-Sanremo...».
Avverte anche lei il prepotente cambio generazionale?
«Il ciclismo sta cambiando, la generazione sta cambiando, nonostante sia stato un anno particolare. A 20-21 anni i ragazzi sono già pronti, hanno una preparazione diversa, un modo di lavorare diverso. Non solo vanno forte, ma riescono a tenere la forma per tantissimi mesi».
Ormai vi tocca monitorare i corridori anche tra gli juniores?
«Per forza di cose bisogna stare vigili. Non mi piace molto il fatto che si vadano a pescare i corridori tra gli juniores, perché penso che a quell'età ci si dovrebbe godere la bicicletta e non esaurirsi per raggiungere un risultato, anche perché poi c'è il rischio concreto di perdere dei talenti. Ma con questi ventenni che vincono, penso sia inevitabile che sempre più ragazzi di quell'età si spremano per cercare di emulare i coetanei».
Quindi?
«La cosa migliore sarebbe avere una squadra di sviluppo dove far crescere internamente i ragazzi, ma ovviamente ci vogliono molte risorse. Così, invece, è una corsa a chi si accaparra il talento migliore».
Due parole su Kevin Colleoni…
«Un grande talento, siamo contenti di averlo in squadra. Se saremo bravi a gestirlo con lo staff tecnico e gli allenatori, facendogli fare uno step alla volta senza stressarlo troppo, siamo sicuri che potrà diventare un corridore da Grandi Giri. Questa settimana lo vedremo impegnato all'UAE Tour, il suo esordio nel WorldTour».
E su Alexander Konychev…
«Anche lui sta lavorando molto bene. L'anno scorso ci ha già mostrato qualcosa e ora sta proseguendo nel suo percorso di crescita, che speriamo possa portarlo ad essere competitivo sul pavè delle classiche del nord».
Anche le bici sono italiane quest’anno.
«Sì, con Bianchi ci stiamo trovando benissimo. Come squadra abbiamo la sede operativa in Italia e poi abbiamo partnership anche con Vision FSA, Pirelli, Giordana Cycling, Scicon Sports e Named. Siamo australiani, ma con una forte impronta italiana».
Il suo sogno per questo 2021?
«Vincere il Giro con Simon Yates direi che sarebbe un bel sogno, il riconoscimento ideale per tutti noi e per il patron Gerry Ryan, che continua a mandare avanti questo progetto con passione. Però gli obiettivi sono tanti, sia con la squadra maschile che con quella femminile. Vogliamo essere protagonisti tutto l'anno».
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