Dell’andare in bicicletta e altre divagazioni: quattordici brani di dodici autori di opere comprese fra il 1895 e il 1912, a cavallo fra Otto e Novecento, a cavallo fra pamphlet e feuilletton, a cavallo fra velocipedi e velociferi. Dell’antologia “per ciclisti e sognatori”, curata da Francesca Cosi e Alessandra Repossi, illustrata da Fabio Consoli e pubblicata da Ediciclo (176 pagine, 22 euro), ho scritto la prefazione. Questo è l’attacco.
E’ il cavallo alato, la piccola regina, il tappeto magico. E’ una compagna a pedali, un’amante a due ruote, una concubina con il cambio. E’ il lettino dello psicanalista, l’ascensore per il paradiso, la via della felicità. E’ la commedia umana, il ritorno al futuro, l’amica geniale. Fa rima con fretta, non prevede l’usa e getta, va come una lambretta. E’ la bicicletta. A sostantivi, e anche a verbi, è irresistibile: genera saggi, scatena racconti, moltiplica biografie, trasuda poesie, emette canzoni, colleziona antologie, cinguetta aforismi. Una fonte letteraria inesauribile, tanto da riempirne perfino le borracce. Sarà per la bellezza sudata, la velocità silenziosa o il ritmo lento, sarà per la traiettoria avventurosa o forse per il gregariato ostinato, ma la bicicletta va a parole che è una bellezza.
E’ una bellezza, la bicicletta, anche in uno sprint nel tempo o in un surplace in biblioteca. Respira e ispira, folgora e seduce, incanta e contagia. In duecento anni di storia rotonda, ha riscritto la storia e modificato la geografia, ha accelerato le scienze e semplificato le religioni, si è ingigantita nell’arte e superata con la tecnologia. E’, per la sua stessa natura alla costante ricerca dell’equilibrio, in continuo, perenne, irrefrenabile movimento. Un movimento a otto atmosfere, a trentasei raggi, a cento stelle, le stelle del ciclismo. E ogni volta che una erre si arrota, che una esse sibila e una effe frulla, lì rinasce un brivido, un’emozione, una storia a due ruote.
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