Martedì a Manchester, durante l’udienza per determinare se l'ex medico del Team Sky e British Cycling Richard Freeman sia colpevole di uso di doping, è stato fatto il nome di Chris Froome. Ma a difendere il nome del keniano bianco, è sceso in campo Bobby Julich, ex professionista ed ex allenatore del Team Sky.
Quello di Manchester è un processo nato grazie alle indagini partite dal team, che portarono ad un ordine fatto da Freema, nel 2011, di cerotti con testosterone e che, da quando dichiarato dal medico, sarebbero stati richiesti da Shane Sutton, l’allora braccio destro di Sir Braislford.
Julich, che venne licenziato dal team Sky nel 2012 dopo aver confessato di aver fatto uso di sostanze dopanti nella sua carriera, ha parlato al Times, sfidando le affermazioni fatte da Sutton in tribunale. «Sono stato l'allenatore di Chris per due anni alla Sky - ha detto Julich dalla sua casa negli Stati Uniti -. E’ da idioti pensare che possa esserci qualcosa di sospetto sul suo conto».
L’ex allenatore di Froome torna indietro nel tempo fino a quel 2011, quando il keniano bianco viveva in Italia e non era ancora... Froome. Per aiutarsi a trovare la conferma delle date e dei luoghi, Julich prende le sue agende, dove era solito appuntare ogni cosa.
«Era l'inizio del 2011 e Chris era un giovane corridore che viveva in Italia. Io vivevo a Monaco, stavo lavorando con Richie Porte e la Sky mi aveva chiesto di tenere d'occhio questo ragazzo, anche se non erano sicuri che avrebbero rinnovato il suo contratto a fine stagione. Poi Chris mi contattò per dirmi che stava vendendo tutto per trasferirsi a Monaco per lavorare con me. Pensai subito che, non venendo pagato molto, sarebbe andato a vivere in uno scantinato».
Froome si trasferì a Monaco in aprile e da quel momento venne seguito da Julich, che lo prese subito a ben volere. Si arrivò presto alla fine del 2012, anno dell’indagine interna alla Sky e le feste per le vittorie di Wiggins si tramutarono in un incubo per Julich, perché sapeva che gli avrebbero chiesto di firmare una dichiarazione che lo avrebbe portato al licenziamento. Il motivo era l’aver fatto uso di EPO tra il 1996 e il 1998.
«Ho gli appunti di quando incontrai per la prima volta Chris e la Sky mi disse che era molto malato, aveva la bilharziosi, una malattia tropicale che lo aveva indebolito molto. Mi sentii deluso dal dottor Freeman. Era a Manchester e non stava prestando la dovuta attenzione a Chris. Lo portai da specialisti, perché sapevo che sarebbe diventato più forte di Wiggins e lo feci partecipare alla Vuelta e in effetti andò meglio di Bradley». Per la cronaca, in quella Vulet a2011 Chris giunse secondo alle spalle di Cobo e davanti a Wiggins: pochi giorni fa a Madrid gli è stato consegnato il trofeo del vincitore, dopo la squalifica per doping inflitta allo spagnolo.
I racconti e i ricordi di Julich proseguono e così le sue dichiarazioni in difesa di quel ragazzo che conobbe nel 2011. L’ex tecnico della Sky è convinto dell’integrità del suo ragazzo e quando nel 2012 decise di raccontare il suo passato con l’EPO, lo fece perché in quel momento pensava che sarebbe stata la scelta migliore. Per Julich riconoscere di fronte a tutti i propri errori voleva dire addio al suo lavoro, ma sapeva che in quel modo la Sky avrebbe potuto fare pulizia e far uscire allo scoperto quelle persone che stavano cercando di rovinare i corridori.
Ancora una volta Julich ha ripetuto quella frase, che a intervalli regolari, è saltata sopra a qualunque altra domanda o risposta: «E’ da idioti fare delle insinuazioni sull’integrità di Froome, lui è uno onesto e sono orgoglioso per tutto quello che ha fatto».
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