Calma, bisogna mantenere la calma. E' come nei film dell'orrore, quando nel cuore della notte la povera donna sola in casa sente un rumore e corre a chiudere tutte le porte a doppia mandata, salvo scoprire subito dopo che ha chiuso dentro anche il sanguinario assassino.
Uguale. Qui ci siamo inventati tutto un complesso sistema per barricare il Giro in una bolla, salvo scoprire che un virus molto più scaltro e più fetente è riuscito a farsi chiudere dentro.
Cosa fare, chiudere baracca e burattini per tornare tutti a casa? La tentazione ci sarebbe, inutile nasconderlo. Però bisogna subito dire che sarebbe anche una vera ipocrisia. Fingeremmo cioè d'essere colti di sorpresa da un accidente imprevedibile, come un terremoto o come uno tsunami. Invece non è così. Nessuno può imputare a questo Giro un'improvvisa maledizione, come un inspiegabile sortilegio che si abbatte improvvisamente sulla carovana, sconquassando tutto quanto. Questo Giro si sta sviluppando esattamente com'era prevedibile e preventivato. Sapevamo tutto, l'abbiamo voluto comunque: e allora, anche se è un Giro B, un Giro sbrindellato, il povero Giro che passa il convento, bisogna concluderlo così come l'abbiamo cominciato. Contro tutto e contro tutti. Persino contro l'evidenza.
Quanto meno, da qui in poi non perseveriamo nell'errore di fingere sorpresa. Anzi: dobbiamo mettere in conto di essere soltanto all'inizio. Come abbiamo ormai imparato, questi tamponi non garantiscono sul futuro: sono una foto istantanea dell'attimo presente, ma i sani di adesso possono essere i contagiati di domani, perchè il virus all'inizio del suo lavoro riesce a nascondersi bene, come dimostra il famoso caso del Genoa nel calcio, al sabato solo due positivi, i sani giocano la domenica a Napoli, il lunedì saltano fuori battaglioni di infetti. E dunque. Mettersi il cuore in pace e sapere che potrà solo peggiorare. E dove non lavorerà il Covid, magari lavorerà il gelo in montagna.
Basta saperlo: il Giro B sarà Giro B fino alla fine, ovunque sarà questa fine, non necessariamente a Milano, purtroppo. E se va avanti di questo passo, perdendo pezzi pregiati tutti i giorni, è un attimo vederlo declassato pure a Giro C: a Tortoreto mancano Kruijswijk (Covid) e salta pure il povero Fuglsang, cui la maledizione Astana stavolta riserva una foratura fatale nel momento peggiore.
In ogni caso, Giro B o Giro C che sia, il suo stesso andamento e il suo stesso epilogo saranno anomali e bislacchi: a quanto si vede tutti i giorni, non è detto lo vinca il più forte, più verosimilmente vincerà l'ultimo che resta in piedi.
In tutto questo campionato mondiale del caos sopravvive un solo pregio, che può persino rivelarsi il lato divertente del surreale: nessuno deve più permettersi di fare calcoli. Basta appuntamenti alla terza settimana, basta pallini rossi sulla salita dell'attacco decisivo. Ogni giorno va preso come l'ultimo giorno, o quasi. E' la sublimazione della Canzona di Bacco, di Lorenzo il Magnifico, del doman non v'è certezza. O per buttarla sul filosofico-esistenziale, del carpe diem di Orazio. Bisogna sfruttare tutto lo sfruttabile, in ogni momento, in tempo reale. Chi si porta avanti il più presto possibile rischia di ritrovarsi davanti in modo definitivo, dalla sera alla mattina.
Nel suo genere, è un nuovo Giro. Un nuovo ciclismo. Un nuovo sport. Somiglia molto alla roulette russa, in quanto a logica. Pieno di emozioni e di imprevisti. Con la fortuna e la sfortuna a decidere quasi tutto. Io però mi schiero: sento ogni giorno di più una grande voglia, una struggente nostalgia, del Giro vero. Dell'amato, indimenticabile, insostituibile Giro A. Questo, per quanti sforzi mi imponga, lo sto vivendo come una lunga, interminabile, insopportabile agonia.