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Caro direttore,
ti rubo un po’ di tempo partendo dalla triste notizia che ha coinvolto Alex Zanardi per introdurre alcune considerazioni che mi trascino dietro da tempo e che non riesco a trasmettere, probabilmente non nel modo più efficace, riguardanti la sicurezza sulle strade per chi va in bicicletta.
Questa della sicurezza è la materia che più mi appartiene perché, a parte l’aspetto tecnico organizzativo, è quella di cui mi sono occupato per trent’anni, partendo dalla mia esperienza lavorativa precedente, che mi ha educato al rapporto con le Istituzioni pubbliche: dietro l’insegnamento di Franco Mealli, l’esperienza della sicurezza che ho offerto a manifestazioni di ogni genere, a partire da una gara regionale per esordienti per terminare alle gare professionistiche importanti, alcune delle quali con problematiche non semplici. Se e quando ci sarà occasione magari te ne racconterò qualcuna.
Ma la mia esperienza si è, per così dire, affinata soprattutto per le manifestazioni di paraciclismo: dal 2012 al 2019 ho collaborato come responsabile tecnico con Mauro Valentini per le gare in Italia del Paraciclismo ed in particolare le prove di Coppa del Mondo a Roma dal 2012 al 2017, al Campionato del Mondo nel 2018 e per finire la prova di Coppa a Corridonia nel 2019; quest’anno era in programma la prova a Castiglione della Pescaia come nel 2014, perché richiesta dal Sindaco, Giancarlo Farnetani, persona apertissima per il mondo dello sport, entusiasta della precedente edizione del 2014 e soprattutto ispirato, per così dire, da Alex Zanardi che a Castiglione ha, tra l’altro, una splendida villa. La gara era in programma a maggio e naturalmente ha fatto la fine di tante manifestazioni sportive, però Zanardi aveva insistito e si era proposto di aiutare affinché la prova si potesse svolgere a ottobre e a questo progetto si stava lavorando.
Le gare di Paraciclismo, ed in particolare quelle del circuito mondiale, necessitano della disponibilità completa ed in sicurezza delle strade inserite nei percorsi, dalla mattina alla sera per ben quattro giorni, naturalmente con intervalli e interruzioni inseriti in un programma concordato con le comunità ospitanti e, naturalmente, supportati dalle necessarie autorizzazioni e provvedimenti di ordine pubblico. Posso affermare che a parte qualche perplessità iniziale al momento della proposta, lo svolgimento delle gare si è sempre svolto in perfetta sicurezza e con il compiacimento delle popolazioni coinvolte, vero è che in alcuni posti ci hanno richiamato. Questo perché ci sono atleti che necessitano di spazi sufficienti anche per la specie di mezzo che guidano, penso ai cerebrolesi che gareggiano con il triciclo, e allora mi domando come può essere successo che Zanardi, seppure sbagliando la manovra in curva, sia finito contro un autoveicolo che circolava nell’altra corsia per una manifestazione generosa.
L’inchiesta che risulta avviata dalle autorità farà luce ma questo non ci restituirà il Zanardi che conosciamo.
Allora credo che sia necessaria una grossa riflessione da parte di tutti coloro che si occupano di ciclismo, in generale, e capire come interpretare l’inserimento di questa attività nella vita di oggi dove la bicicletta viaggia sul nervo scoperto della nostra società: la strada.
Da parte di molta gente si sono fatte proposte, alcune anche ingiudicabili vedi la distanza di un metro e mezzo per sorpassare un ciclista, piste ciclabili e chi più ne ha ne metta, ma non ho mai sentito sottolineare delle cose basilare: la prima è che il primo a tutelare un ciclista è il ciclista medesimo il quale deve capire che si immette nel traffico, caotico, con un mezzo fragile e quindi deve fare attenzione perché avere ragione non significa salvarsi. Un altro elemento che non viene applicato e che invece dovrebbe essere obbligatorio per tutti, come nei paesi che molte volte prendiamo ad esempio per come usano la bicicletta, ma non per il Casco. Si vedono anche famiglie che passeggiano con bambini e nessuno indossa il casco. Un mio amico americano che è venuto spesso in Italia per partecipare a molte manifestazioni che ho organizzato lo rilevava e mi diceva «Franco, non indossare il casco non è da “Macho” ma da idioti».
Ma questo è solo un aspetto perché chi circola sulle strade, soprattutto quelle frequentate dai ciclisti, può notare che i pedalatori quando sono in gruppo si comportano come se fossero più potenti e quindi assumono atteggiamenti che a volte provocano gli automobilisti che già per loro natura non sono educati stando in mezzo al traffico, e molti ciclisti non rispettano le norme previste dal Codice della Strada.
Sembrerà strano che sia io a scrivere così, tenuto conto che una volta sono finito all’ospedale perché tamponato, dopo la ripartenza da un passaggio a livello, da una signora che aveva valutato male la velocità di ripartenza e un’altra volta un furgone mi ha buttato in una cunetta ed è andato via come se nulla fosse.
Quello che sostengo è che occorre non una politica fatta per raccogliere consensi facili, ma una politica che vada alla radice. Se domandiamo ad un automobilista se sa come comportarsi in presenza di una gara ciclistica, preceduta da una vettura “apri corsa” e chiusa da una vettura fine corsa, scopriamo che non sa di che cosa parliamo: quanti automobilisti sanno che quando incrociano la vettura “apri corsa” devono fermarsi ed accostare e attendere la vettura “fine corsa” per ripartire? Perché non si trattano questi argomenti nell’insegnamento da parte delle Autoscuole e negli esami per la patente? Perché non è obbligatorio per tutti i ciclisti l’uso del casco? Le battaglie vanno combattute su questo piano e potrei allargare l’argomentazione a diversi aspetti.
Molto dipende anche dalla leggerezza con la quale si affrontano - da parte di tutti, ciclisti e automobilisti - questi aspetti e forse non c’è in realtà voglia di approfondire perché è troppo impegnativo e può anche dare fastidio.
Mi è sempre venuto in mente, e l’ho anche riferito quando ne ho avuto occasione per esempio in durante lo svolgimento dei corsi per l’abilitazione di scorta tecnica presso i Compartimenti Polstrada, perché non vediamo mai trasmissioni televisive che propongano questi aspetti della vita di tutti i giorni in maniera da interessare con episodi o altri strumenti comunicativi e non solo per il confronto fra automobilisti e ciclisti, ma in generale sull’interpretazione del Codice della Strada e magari evidenziare comportamenti corretti e non.
Non voglio intrattenerti oltre e magari potremmo incontraci alla prima occasione e, con un caffè davanti, e approfondire, anche con esempi ed episodi.
Grazie per l’attenzione
Franco Costantino
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