Una cerimonia breve ma sentita, una targa per ricordare un evento storico per Concesio e per far sentire ad un grande campione l'abbraccio - purtroppo solo virtuale - della sua comunità: così ieri mattina il sindaco Agostino Damiolini ha voluto consegnare a Fausto Bertoglio un segno tangibile a ricordo dell'impresa firmata nel 1975, giusto 45 anni fa.
Il 7 giugno 1975, al passo dello Stelvio, si scrive un pagina memorabile di storia del ciclismo, Fausto Bertoglio protagonista: da semplice gregario conquista il Giro d'Italia al termine di un’epica battaglia con lo spagnolo Francisco Galdos lungo i 48 tornanti della mitica salita. Lo scontro frontale fra la maglia rosa sulle spalle del bresciano di San Vigilio di Concesio e lo scalatore iberico è da antologia dello sport, con i due primattori che si sfidano a colpi di pedale fino all'ultima stilla di energia, fra pareti di folla e muri di neve. Dopo 45 anni il ricordo di quella cavalcata rosa è ancora vivissimo. “Avevo conquistato la maglia rosa una settimana prima alla cronoscalata del Ciocco e le tenni stretta fino alla fine".
Nella cronoscalata lei strappò la maglia di leader al suo capitano Battaglin. Faida interna?
“Niente affatto. Quel giorno Battaglin pagò eccessivamente il giorno di riposo e nella breve cronoscalata rimase imballato. Io feci semplicemente la mia corsa e vinsi la tappa".
Però lui pagò il contraccolpo psicologico di vedersi scavalcato dal suo gregario.
“No, cadde nel tranello che il giorno seguente gli tese Baronchelli. Si affrontavano diverse salite nel Levante ligure e la squadra di GB fece fuoco e fiamme per staccare me, io invece riuscii a rientrare con l'aiuto di Knudsen, poi fecero il buco e Battaglin restò staccato".
Un gregario in maglia rosa, quanti credevano possibile una sua vittoria sullo Stelvio?
“Nessuno, i giornali facevano a gara a scommettere quando mi sarei staccato. Ma io evitavo accuratamente di leggerli, me lo riferiva solo il mio compagno di stanza, Alessio Antonini di Vobarno, bresciano come me”.
In quel giorno, prima del trionfo allo Stelvio, lei ha la grande soddisfazione di indossare, il 3 giugno, la maglia rosa nella sua Brescia.
“È stato al termine della Pontoglio Monte Maddalena, per la prima volta si saliva dal Muratello".
A proposito della Maddalena, ad appannaggio dei cicloamatori, lei detiene ancora il record della scalata dal versante tradizionale.
“Si, 26'20" da viale Rebuffone, stabilito in una crono a novembre 1972, mia ultima vittoria da dilettante. Quasi 11 chilometri a circa 25 di media, oggi va bene se li faccio in pianura".
Nonostante la vittoria al Giro, il terzo posto l'anno successivo e nono al Tour, è rimasto sempre un gregario. Perché?
“La mia vittoria al Giro avvenne troppo tardi".
Aveva solo 26 anni, era ancora giovane.
“Ma allora militavo in una squadra, la Jolly Ceramica, con pochi soldi. Sarebbe stato tutto diverso se avessi vinto il Giro l'anno prima con la Brooklyn, uno squadrone. Ma il ds Cribiori non mi convocò, anche se al Romandia quell'anno volavo. Fu una delusione cocente".
Ricordi vivi di una carriera breve al pari dello spavento vissuto quest'inverno quando temeva di aver contratto il Covid.
“Per fortuna era solo una normale polmonite, ho fatto tre tamponi, tutti e tre negativi".
E oggi come festeggia l'anniversario?
“Pensavo ad un giro in bici con gli amici attorno al lago d’Iseo, ma danno brutto, così faremo qualcos'altro”. Grande Fausto, anche nella sua umiltà, ma quel giorno, 45 anni fa, il suo nome fu accostato al Campionissimo, Fausto come Coppi. Paragone azzardato, ma quel giorno ci stava tutto.
da Il Giornale di Brescia a firma di Paolo Venturini
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