Sembriamo tutti colpiti dalla punizione di Sisifo, costretto da Zeus a spingere un masso dalla base alla cima di un monte e ogni volta che riusciva a raggiungere la cima, il masso rotolava a valle. Ogni volta e per l’eternità. Ora non voglio avere una visione così distopica, ma quello che stiamo vivendo, oltre al disagio di una pandemia che continua a morderci e ci ha rilegato ai domiciliari da due mesi, è chiaro che il sentimento che più o meno stiamo provando è quello dell’impotenza. Non si fa a tempo a mettere un punto fermo, che nel nostro caso è dato dalla data del Tour, attorno al quale tutto ruota, che all’improvviso tutto viene rimesso in gioco.
Il primo ministro Edouard Philippe ieri pomeriggio è stato chiaro: «Non ci sarà la riapertura per calcio e rugby, di sport professionistico si tornerà a parlare solo dopo il 1° settembre», anche se poi il Ministro dello Sport francese Maracineanu, ha precisato: «Il Tour non è rimesso in discussione. Solo nelle prime tre tappe dovranno esserci degli aggiustamenti».
Una stagione sconvolta dalla pandemia (oltre mille corse già cancellate), tutto fermo fino a fine luglio. E come se non bastasse non mancano problemi dalla Germania, e così in Belgio e in Olanda. Il problema, ed è chiaro a tutti, non è solo rimettere in moto la macchina in sicurezza, ma farlo anche rispettando i vari dispositivi sanitari di ciascun Paese. Altro che matassa ingarbugliata…
In questo contesto tutt’altro che semplice l’Uci, che oggi avrebbe dovuto varare il calendario prima della doccia fredda di ieri, ha deciso di prendersi ancora qualche giorno di tempo mentre il Giro d’Italia sta alla finestra e si interroga sul da farsi. «Possiamo fare ben poco, se non aspettare – dice a tuttobiciweb Mauro Vegni, direttore della corsa rosa -. La situazione è davvero molto complicata e credo che solo tra una settimana sapremo qualcosa di più. Le parole del primo ministro francese sono state forti e l’Uci ha il dovere di verificare con ciascun Paese la reale situazione, anche perché ognuno di essi adotterà le proprie misure». Fiducioso per la ripresa? «Io resto fiducioso, dobbiamo esserlo, anche se è molto complicato, ma abbiamo il dovere di provarci a salvare qualcosa. Resta da capire quante e quali corse».
Insomma, siamo di fronte al pessimismo della ragione, in antitesi all’ottimismo della volontà. Ma spesso volere non è potere.
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