DALLA BRETAGNA CON FURORE: MOZZATO SOGNA LE PIETRE DEL NORD

INTERVISTA | 16/01/2020 | 08:15
di Carlo Malvestio


Per cominciare la sua carriera da professionista ha deciso di andare oltralpe. Una scelta coraggiosa, se si considera che prima di novembre non conosceva nessuno all’interno della nuova squadra, ma Luca Mozzato ha tutta l’intenzione di farsi apprezzare anche dai cugini francesi. La B&B Hotels-Vital Concept p/b KTM apre per la prima volta le sue porte a un corridore italiano, proprio nell’anno in cui hanno ottenuto il primo, storico, invito al Tour de France. Per Mozzato, vicentino classe 1998 di Arzignano, è il coronamento di un lungo inseguimento iniziato molti anni fa: «Ho iniziato quando avevo circa nove anni, con una gincana tra i birilli. Me la sono cavata bene e da quel giorno il ciclismo non è più uscito dalla mia vita» ci racconta da Calpe, dove è in ritiro con il suo nuovo team.


Sei ufficialmente un professionista…

«L'anno scorso avevo un unico grande obiettivo: correre per passare professionista nel 2020. Alcune corse sono andate bene, altre meno, ma il mio focus era sul grande salto e ci sono riuscito».

Quanto è stata importante la palestra di un vivaio di una squadra World Tour come quello della Dimension Data?

«Per quanto mi riguarda mi ha aiutato molto, non solo perché è un vivaio ma perché è una vera e propria formazione Continental. Si è sempre sotto la lente di ingrandimento, perché hai una maglia che tutti riconoscono, e poi ti porta a correre corse europee che possono aprire nuovi orizzonti, come è accaduto a me».

Appunto, come sei entrato nell’orbita orbita B&B Hotels-Vital Concept?

«Siamo andati a correre il Tour de Bretagne lo scorso aprile, dove tra l'altro la squadra ha la sede. La dirigenza francese mi ha detto che mi avrebbero tenuto d'occhio, sono andato bene, perché ho chiuso sesto in generale con due podi di tappa e così è cominciata la trattativa che mi ha portato a firmare per questi due anni».

Come va con il francese?

«Ho ancora da lavorare molto con la lingua. Qualcosa mastico, ma prima di parlarlo bene dovrò studiare abbastanza. Comunque sia lo staff che i miei compagni capiscono le mie difficoltà e mi vengono incontro. Con l'inglese riesco a farmi capire meglio, ma sono sicuro che col passare dei mesi migliorerò anche sotto questi aspetti e riuscirò a trovare la giusta sintonia con tutto l'ambiente».

E con i compagni?

«C'è un buon feeling. A novembre ci siamo trovati tutti insieme in quello che qui chiamano stage de cohésion e l'ho trovato molto utile, visto che arrivavo qui senza conoscere veramente nessuno, a parte il team manager».

Dove ti vedremo indossare il dorsale per la prima volta?

«Esordirò all'Etoile de Besseges e poi farò il Tour de Provence. Non so se e quando correrò in Italia, perché prima di tutto la squadra deve essere invitata e poi deve essere una corsa in cui posso effettivamente rendermi utile. Ovviamente a me piacerebbe fare qualche apparizione italiana».

La squadra è anche stata invitata al Tour de France. Ci fai un pensiero o è troppo azzardato?

«È davvero bello che la squadra sia stata invitata al Tour. Però penso sia prematuro per me anche solo sperare di esserci, visto che ci sono tanti corridori francesi più esperti che magari aspettano già da qualche anno questa possibilità. Magari nei prossimi anni se si ripresenterà l'occasione ci farò un pensierino...».

Qualche corsa a cui vorrai già partecipare però ci sarà…

«Vorrei provare a giocarmi una convocazione per le classiche del nord, ma per riuscirci dovrò dimostrare di andare forte, fin dalle prima uscite stagionali».

Che corridore sei?

«Sono un corridore veloce, però non mi definisco un velocista puro, perché pur potendo fare le volate a ranghi compatti non mi sento abbastanza competitivo. Preferisco i percorsi un po' più selettivi, visto che tutto sommato riesco a superare discretamente le asperità più facili».

Il 2020 ti servirà per prendere confidenza con questo mondo?

«Chiaramente ho tanto da imparare. Nuova esperienza, nuovi ritmi, devo apprendere il mestiere del corridore, sia in corsa che fuori, e cominciare a prendere confidenza con le varie gare. Se mi capiterà l’occasione di andare a caccia di un risultato personale sarò il primo a provare a gettarmi nella mischia, però so anche in squadra ci sono delle gerarchie da rispettare».

Correrai con Rolland e Coquard, due corridori che in Francia smuovono le folle. Pensi di affiancarli in qualche appuntamento?

«Rolland è un corridore ai miei antipodi, quindi difficilmente correrò spesso al suo fianco. Qualche chance in più l’avrò con Coquard, anche se i suoi obiettivi sono Tour de France e Olimpiadi e non sono sicuro ci incroceremo tante volte. Nel momento in cui succederà, però, farò del mio meglio per dargli una mano, cercando di rubare anche qualche trucco del mestiere».

Hai un idolo?

«Ho sempre ammirato Tom Boonen, forse perché abbiamo caratteristiche simili, anche se lui è una leggenda e i paragoni non possono tenere».

Quindi in futuro ti vedremo protagonista sulle pietre?

«Sono corse che mi piacciono davvero, un giorno vorrei riuscire ad essere competitivo. Per il momento, però, ho poca esperienza sul pavè, quindi questi primi anni mi aiuteranno a capire se posso effettivamente puntarci. Come caratteristiche fisiche dovrei essere adatto, ma se il pavé dovesse respingermi non potrò sbattere la testa».

Posso immaginare la tua corsa preferita…

«Parigi-Roubaix, chiaro».

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