Se fosse un pugile, sarebbe un peso mosca. Se gareggiasse su un 2 con, o su un 4 con, o su un 8 con, sarebbe il con, cioè il timoniere. Se governasse quattro zampe, sarebbe un fantino. Però il suo cavallo ha sì la sella ma anche un manubrio e due ruote, e così Mulu Kinfe Hailemichael è uno scalatore. Il più piccolo (1,58) e il più leggero (50 kg) al Giro della Valle d’Aosta.
Mulu ha 20 anni, è etiope, indossa la maglia della Dimension Data con il dorsale 19, in questi giorni scopre il Paese (e la corsa) dalle mille montagne, e sta scoprendo anche se stesso. Un po’ di geografia: “Vengo da Adigrat, una città di 60mila abitanti, che va da 2400 a più di 3mila metri di altitudine, e che è quasi al confine con l’Eritrea. Adigrat significa ‘la città dei campi’”. Un po’ di storia: “Mio padre è un contadino. Mia madre è contadina, ma si occupa anche della casa. Ho due fratelli e quattro sorelle, la più grande ha 24 anni, la più piccola un anno e otto mesi, io sono il secondo”. Un po’ di numeri: “Quaranta di piedi, 39-40 battiti al minuto a riposo, 214 al massimo sotto sforzo”. Un po’ di vita: “Sono andato a scuola per una decina di anni, poi ho cominciato a lavorare nei campi con mio padre. Verdura, frutta e tre mucche da latte”. Un po’ di ciclismo: “La prima bici, una bici normale, a 14 anni. La prima corsa, su quella bici normale, nella mia città: settimo. Ho insistito finché sono riuscito a entrare nella squadra nazionale. E con quella ho partecipato al Tour of Rwanda nel 2018, ho ottenuto un terzo posto di tappa e il terzo nella generale e conquistato la maglia a pois di leader nella classifica della montagna”. Un po’ di attualità: “Quest’anno corro nella squadra Continental della Dimension Data. Al Tour of Rwanda un quinto e un sesto di tappa, quinto fra i giovani, sesto nella montagna. Poi in Italia: il miglior piazzamento il 13° posto nel Giro del Medio Brenta”. Un po’ di filosofia: “Il bello del ciclismo è fare fatica, e batterla”.
Ieri Mulu ha esordito al Valle d’Aosta con il 96° posto nel cronoprologo: “Sono uno scalatore. Il mio idolo è Alberto Contador. Lo guardavo in tv, mi piaceva come scalava, sembrava che non facesse fatica, per questo cerco di imitarlo, sogno di incontrarlo un giorno e farmi fare una foto con lui. E se non sarà possibile diventare forte come Contador, vorrei comunque diventare un professionista”. Intanto dà lezioni, gratis, di umanità: “Finita la cena – racconta Francesco Chicchi, il suo direttore sportivo – sparecchia la tavola. Nei trasferimenti, aiuta massaggiatori e meccanici a portare le bottiglie di acqua. E sorride a tutti”.
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