LUTTO | 12/10/2016 | 12:17 E così, a ruota di Nello Sforacchi, è andato in fuga eterna anche Vittorio Rossello. Era, dei due fratelli Rossello, il più piccolo di età e il più piccolo anche in bici. Rossellino. Affratellati, comunque, anche da nomi ricchi di fiducia e ottimismo: l’altro si chiamava Vincenzo, e in effetti conquistò due tappe al Giro d’Italia e due al Tour de France. Vittorio era nato il 28 gennaio 1926 nella frazione San Bernardo a Stella San Giovanni, patria di un campione di resistenza (anzi, nel suo caso, Resistenza), più a idee e a ideali che a pedali e a pedalate, Sandro Pertini. Dunque ligure, dunque savonese, dunque dell’entroterra, dunque asciutto e autentico, Vittorio aveva cominciato a pedalare per povertà, necessità e lavoro: aiuto-meccanico, 25 chilometri ad andare e 25 a tornare dalla bottega, tutti i santi giorni, meno l’unico giorno veramente da santificare, la domenica. Così si faceva, oltre che le ossa, anche i muscoli e il fiato. Finché un giorno, mentre sorpassava una corriera, fu notato da un viaggiatore: era un dirigente del ciclismo di Varazze – raccontò Vittorio allo storico Carlo Delfino -, che gli chiese se volesse gareggiare, e anche se erano tempi bui, il 1944, lui accettò, si iscrisse come allievo, indossò il dorsale, partì e arrivò, secondo dietro a un dilettante. Vincitore di una Milano-Tortona e azzurro nel 1946, professionista dal 1947 per una decina di anni, Vittorio Rossello corse per Olmo, Wilier Triestina, Legnano, Taurea, Fiorelli e Frejus, partecipò a un Giro d’Italia (sei, in tutto) anche nella Viani Cral Imperia, a Giri della Svizzera nella Allegro e nella Tigra. Tre vittorie, fra cui una tappa del Giro della Svizzera nel 1951 e una della Roma-Napoli-Roma nel 1952. Ma di più, forse, conta il secondo posto nella Milano-Sanremo del 1948: davanti a lui, soltanto (si fa per dire) Fausto Coppi. La sua specialità era servire: gregario. Però di Bartali e Astrua, Martini e Petrucci. “Vittorio Rossello è un bravo ragazzo di 23 anni e vedrete che diventerà un grande corridore – profetizzava invano Indro Montanelli sul “Corriere della sera” (da “Indro al Giro”, Rizzoli) -. Fu quello che fuggì subito dopo la partenza da Milano, l’altro ieri, ed è quello che è fuggito anche oggi subito dopo la partenza da Genova. In Lombardia il suo primato non durò a lungo, ma sulle aspre rampe della sua Liguria, la terra del vino di Sciacchetrà, dove soltanto la fatica conta, poco c’è mancato che il successo finale gli arridesse”. Pare che Montanelli si trovasse sulla strada in compagnia di un amico vignaiolo che, quando Rossello passò, gli allungò un bicchiere di Sciacchetrà. “E Vittorio Rossello che è di questi paesi, unico fra tutti i corridori, lo ha bevuto, e per questo è arrivato primo sul Bracco e quasi primo sulla Cisa dove solo il salto della catena lo ha fatto scomparire dalla gare”. Smesso di correre, Vittorio Rossello ha fatto l’assicuratore ad Albisola. Il suo viso, le sue maniere e il suo passato erano la migliore forma di garanzia.
Marco Pastonesi Alla signora Gilda, alla figlia Maria Piera e atutta la famiglia Rossello, giugnao le condoglianze della redazione e di tutti gli appassionati di ciclismo.
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