E’ sulla strada. Sulla strada del blues. Dall’Illinois alla Louisiana, da Chicago a New Orleans, 1600 miglia cioè 2600 km, sei stati e una ventina di tappe, a colpi di pedali e di musica.
Andrea Devicenzi è sulla strada, “on the road”, “on the road again”. Stati Uniti, da nord a sud, dalla terra di Muddy Waters a quella di Champion Jack Dupree, due ruote, sette note e una gamba sola.
Aveva 17 anni. Un incidente stradale, l’amputazione e il risveglio, una nuova vita. Da allora ci sarebbero stati sempre un prima e un dopo. Se prima si era dedicato a judo, calcio e atletica, dopo si sarebbe affidato a ciclismo e triathlon. E prima e dopo gli sarebbero rimasti un sax e il jazz. E dopo lo avrebbe sempre guidato un dogma: credere all’impossibile, diventato anche il titolo della sua autobiografia (Homeless Book, su Amazon, del 2021). Sembrava impossibile pedalare in Islanda, eppure fatto. Sembrava impossibile attraversare la Scandinavia, eppure fatto. Sembrava impossibile raggiungere Capo Nord, eppure fatto.
E’ una forza della natura, Devicenzi, ma la natura è nulla se non c’è anche un’altra forza, quella della volontà, che nasce da una voglia. “Ho perso una gamba, ma non la voglia di vivere ogni giorno al 100 per cento”, il suo mantra. Lo si capisce, lo si vede, lo si segue sulla sua pagina Facebook, più di 66mila followers. Allenamenti, preparativi. Energia, adrenalina. Curiosità, ansia. “Ogni volta – ammette - è come la prima volta”. Stress, emozione. Il pronti-via sotto un diluvio universale. C’è qualcosa di biblico nelle sue imprese.
“Prima tappa di ‘On the Road’, difficilissima” – dal suo diario su Facebook -. Complice forse la tensione accumulata nelle settimane passate per preparare il viaggio, il fuso orario e il poco riposo, questa mattina mi sono svegliato con un fortissimo mal di testa da gestire. Ma non solo, dal letto percepisco che fuori la giornata di sole del giorno prima è solo un ricordo. Stringo i denti, apre le finestre ed un nubifragio sta battendo sulla città. La volontà di riuscire a pedalare è tanta e con fatica avviso il team che si ritarda la partenza di due ore, così da star riposato e dormire. Decisione sofferta ma anche questo può far parte di queste imprese difficili, non solo nel chilometraggio da percorrere. Quando decido di indossare la divisa, sto leggermente meglio e vestirmi da atleta mi ha psicologicamente aiutato molto. Mi guardo allo specchio, sono pallido, ma sento di potercela fare. Salgo in bici, faccio girare la gamba, inizio a bruciare calorie e chilometro dopo chilometro passa tutto, ritornando così il sorriso”.
Intanto Devicenzi ha macinato asfalto, accumulato miglia, cantato e suonato blues. Keep on goin’.
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