Milano, via Solferino 28. Non la prima palazzina, Corriere della Sera, ma la seconda, La Gazzetta dello Sport. Secondo piano. Uscendo dall’ascensore o salendo dalle scale, a destra, poi a sinistra, e subito la prima stanza a destra. La stanza dei capiredattori, l’ufficio centrale. La prima scrivania a sinistra. Ero lì alle 22.42 quando un flash di agenzia annunciava che Marco Pantani era stato trovato morto a Rimini nella camera di un residence.
“L’ultima volta che se n’è andato Pantani”. Un libro collettivo, scritto a 80 mani da 40 fra scrittori, giornalisti e corridori, curato da Filippo Cauz e Gino Cervi, pubblicato da alvento (204 pagine, 19 euro). Vent’anni dopo la morte. Ogni pezzo – 3500 battute, spazi compresi – datato 14 febbraio 2004 e con il luogo dove l’autore si trovava nel preciso momento in cui fu investito dalla notizia.
I quotidiani sono vulcani. Le notizie si accendono e si raffreddano, fumano ed eruttano, tuonano o scivolano: lapilli o lava. Mancavano trequarti d’ora alla prima chiusura, le pagine affluivano nell’ufficio centrale per l’ultimo controllo prima di essere destinate alla tipografia, i redattori spegnevano i computer e tornavano alla loro seconda vita. Quella delle 22.42 fu un’eruzione vesuviana. Candido Cannavò, il direttore, si precipitò nella sua stanza e attaccò l’editoriale: “Ricordo giorni tragici, notti in cui abbiamo maledetto i demoni dello sport e le angosce del nostro mestiere, ma la mazzata che ci è arrivata addosso ieri sera ha pochi paragoni. Certo, abbiamo vissuto tragedie di altre proporzioni nella nostra vita: l’aereo del grande Torino schiantato contro la basilica di Superga, la strage dell’Heysel. Ma questa di Pantani è una morte diretta, è un lutto che ci è entrato in casa in maniera diretta e violenta, è una mazzata che, oltre al dolore, ci riporta lungo il sentiero infido di un grande rimorso collettivo…”.
Mi è stato chiesto di partecipare a questa opera comunitaria. Allora lavoravo alla Gazzetta, ed ero in Gazzetta per chiudere – si dice così, in gergo, quando si passano le pagine fino al via alla stampa – il giornale.
Scariche di adrenalina, raffiche di ricordi. Tutto in una notte, tutto a mezzanotte, mezzanotte di fuoco.
Furono Roberto Milazzo, condirettore, e Franco Rubis, art director, a ridisegnare – ribaltare, rivoluzionare, ricostruire - la prima pagina, la nostra vetrina, il risultato di fatti e opinioni, il sunto di cronache e racconti, il compromesso fra edicola e biblioteca. Furono Milazzo e Cannavò – come sempre – a scegliere il titolone a nove colonne: “Se n’è andato”. E a scegliere anche una foto di Pantani visto da dietro, schiena, maglia gialla Mercatone Uno, testa pelata, pelle sudata. I capiredattori riscattarono l’apertura – le pagine 2, 3 e 5 – del giornale. E la redazione, chi c’era c’era, qualcuno che non c’era fu richiamato, s’incendiò di autentico, appassionato, meraviglioso giornalismo.
I 40 autori hanno scritto gratuitamente, una parte del ricavato del libro andrà a sostenere la SC Faentina e la Cooperativa Sociale Terra dei Miti di Sorrivoli.
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