
Potendo fargli un regalo adesso, non solo per San Valentino, sarebbe questo: lasciarlo in pace. Non hai mai scritto di Marco Pantani, non sei una che sale sul carro né del vincitore né tantomeno del dramma di un uomo, uno scalatore, fortissimo, geniale, mai banale, appassionante e fragile, così fragile, come Marco Pantani. Il dramma di 20 anni fa.
L’hai conosciuto, Marco Pantani, in un’epoca complicata, quando eri al seguito delle grandi corse, come addetto stampa di team professionistici che hanno fatto la storia del ciclismo italiano e non solo. Un ciclismo che divide ancora chi lo ama a prescindere, pregi e difetti, e chi invece lo seleziona, prima e dopo l’era del doping: quel doping vero, presunto, a volte nullo, spesso purtroppo vero, che ha rovinato la faccia a molti sport di fatica. Ma poi, il doping, c’è ed è attorno, anche oggi. E non è solo quello della resistenza: perché nella vita oltre che nello sport, c’è e ci sarà sempre chi bara. Si sa. Lo sai.
Non hai mai volutamente esagerato quando si parlava e si parla di lui, quando esagerare era ed è una tentazione che ti portava a fare Marco Pantani, il Pirata, l’extraterrestre. Per come era. In tutto. Un campione della fatica, con grande classe e determinazione, con la forza delle idee e del cuore, senza regole spesso, che aveva e ha emozionato come ai tempi di Fausto Coppi, anche di più, perché la mediaticità, si sa, gioca la sua parte. E lo sanno bene La Gazzetta dello Sport e la Rai e Mediaset. Lo sanno molti cronisti di gran carriera, alcuni sono diventati poi tuoi cari amici: Pier Augusto Stagi, Dario Ceccarelli, Angelo Costa, Pier Bergonzi, Cristiano Gatti, Beppe Conti… che quando ricordano hanno sempre un atteggiamento di rispetto per i fatti e per l’uomo, perché quel dramma di 20 anni fa l’hanno vissuto sulla pelle. Molti altri hanno tratto vantaggi importanti, nel bene e nel male, come spesso accade con cose di questo genere della vita “non normale”. Nessuno si senta escluso.
Molti continuano a non lasciarlo in pace, Marco Pantani. Ti ha colpito una frase alla Bugno, cioè di Gianni Bugno, proprio di questi giorni, quando ha dichiarato sulle colonne di un quotidiano importante "In bici vado poco, preferisco la moto. La gente continua a volermi bene ma non ero niente di speciale. Pantani? Si isolava, non è morto di sport". Ti ha colpito perché - sensibilità con sensibilità - è il tuo pensiero quando pensi a lui. A Marco Pantani, a quel campione che ha avuto un destino tragico, quello dei miti ti verrebbe da pensare, solo che Coppi morì per un'errata diagnosi medica (la malaria non riconosciuta), Pantani non è stato ucciso da una malattia “qualunque”. Quello che resta della tragedia sono il dramma e la fragilità umana. E i grandi successi e le emozioni di quel campione unico. Anche la sua sconfinata sensibilità.
Lasciamolo in pace, ti dici e ti ripeti, anche oggi, a San Valentino, vent’anni dopo la sua morte tragica. Lasciamo che a parlare, raccontare, emozionare siano le biciclette e i simboli dei campioni del ciclismo che hanno fatto grandi le Corse a Tappe. Il Giro d’Italia e il Tour de France, un’accoppiata magica, a cui Alessandria Città delle Biciclette - in tandem con il Museo del Ciclismo Madonna del Ghisallo - ha dedicato una rassegna e una serie di nuovi appuntamenti con il ciclismo di serie A. Ciclismo storico, moderno e futuro. Da quelle parti arriverà, a maggio, il profumo del Giro con la tappa di Acqui Terme e il primo luglio passerà, toccando proprio i Colli Tortonesi e Alessandria, la Grande Boucle, il Tour de France che è innamorato pazzo della nostra storia.
È un Tour fatto da uomini appassionati come sei tu, che accarezzi con le mani che tremano la bicicletta Wilier Triestina, giunta oggi al Museo ACdB di Palazzo Monferrato: una leggerissima e specialissima bicicletta da corsa, studiata per fare volare il Pirata nel Giro del 1997: manubrio avvolto da un nastro rosa pallido, un po’ sporco, sella con l’icona del Pirata con la bandana. È la bici del 1997 anno di quel Giro del maledetto gatto (incidente, stop, ripartenza per il Tour, una pagina epica di sport). La Wilier Triestina ha voluto lasciarla così come era. Con le gomme un po’ sgonfie. Come segno di rispetto. Forse proprio come quando è stata passata dalle mani di Marco Pantani a uno di loro si sono promessi di fare così. Non toccarla mai più.
Ora è lei, è questa bicicletta fantastica ad aprire una mostra “Accoppiata Giro-Tour” che celebra di fatto le imprese di Marco Pantani, l’ultimo grande campione delle due ruote, capace di realizzare la doppietta. È lei che apre una sequenza temporale di imprese che prosegue con la bici da cronometro - una Fausto Coppi - usata da Ivan Gotti, doppio vincitore del Giro d’Italia, quella usata nella cronometro di Ancona nel Giro del 1999. Arrivata in quella sala perché di proprietà di chi scrive, che al tempo era l’ufficio stampa del dream team del campione bergamasco, il Team Polti, e fu un regalo del suo manager Gianluigi Stanga. Un colpo d’occhio verso l’alto e in fondo eccone un’altra di specialissima: c’è ancora lei, un’altra Wilier “filante”, anno 2022, l’ultimo anno di corse e di emozioni che ci ha regalato Vincenzo Nibali, campione moderno in gentilezza e buone maniere. Ecco la sua bici “da casa” che usava quando si allenava. A Nibali i musei ACdB e del Ghisallo sono particolarmente affezionati. E lui ricambia sempre con grande affetto.
La cornice? Tre maglie. La Rosa di Fausto Coppi (collezione Chiapuzzo, è di lana ma mette i brividi) e la Gialla di Fiorenzo Magni (collezione Ghisallo, anche questa è di lana e … ruggisce come il Leone delle Fiandre): sono lì esposte per un tuffo nel ciclismo eroico che non ti lascia mai sazia. E poi quella Rosa Moderno con dedica, Giro del 1990, di Gianni Bugno, giro che il brianzolo dominò dalla prima all’ultima tappa: impresa riuscita solo a Girardengo nel 1919, a Binda nel 1927 e a Merckx nel 1973. Una maglia che vive normalmente al Ghisallo e appartiene alla collezione più grande del mondo di maglie rosa, quella condivisa dal Museo di Magreglio in un bellissimo progetto “infinito” con la Gazzetta dello Sport-Rcs Sport. Per le emozioni di San Valentino può bastare?
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