Sono 10.000 gli incidenti stradali causati nel 2023 da animali selvatici (caprioli, cinghiali, volpi, mufloni…) a danno di automobilisti, ciclisti e motociclisti. L’aumento del numero di animali selvatici, dovuto al fallimento delle politiche di contenimento, e l’eccessiva velocità o distrazione degli utenti della strada sono le due principali cause di questo tipo di eventi.
Ma quando e come è possibile ottenere un risarcimento dei danni?
La Cassazione, con una recente sentenza, ha da poco colmato un vuoto legislativo, individuando la Regione quale ente responsabile, attribuendole una responsabilità oggettiva (l’art. 2052 c.c., e non più il 2043 c.c.). In parole povere la Regione dovrà rispondere dei danni in quanto CUSTODE, alla stregua del proprietario degli animali, mentre il danneggiato dovrà solo dimostrare dinamica e correlazione tra incidente e danno.
La Regione competente potrà difendersi appellandosi al “caso fortuito”; ovvero un evento talmente imprevedibile e repentino da non poter essere evitato, avrà quindi la possibilità di discolparsi solo qualora riuscisse a dimostrare di aver preso tutte le cautele per vigilare e prevenire situazioni di pericolo per le persone, comprese le azioni di contenimento degli animali selvatici, come fosse proprietaria dell’animale.
La legge interpretata dai Giudici impone infatti alle regioni di adottare una serie di misure di contenimento e di tutela di animali e cittadini, allorchè in caso di danno sarà proprio la regione competente a risponderne.
In caso di fallimento di queste misure, prese in accordo con le associazioni di cacciatori, si vedrà un aumento degli animali selvatici con conseguente maggior pericolo di incidenti.
Il passaggio logico giuridico parte dal fatto che sono le Regioni gli enti che "utilizzano" il patrimonio faunistico protetto, e pertanto alle Regioni andranno indiirizzare le richieste risarcitorie.
Il danneggiato, dal canto suo, dovrà allegare e dimostrare che il danno subito sia stato causato dall'animale selvatico, con testimoni, foto o video e quindi dovrà dimostrare la dinamica del sinistro, oltre al nesso causale tra la condotta dell'animale e l'evento dannoso subito.
La Regione, qualora non intendesse risarcire il danno, dovrà provare che la condotta dell'animale si sia posta del tutto al di fuori della sua sfera di possibile controllo, quale causa autonoma, eccezionale, imprevedibile ed inevitabile del danno, diventando efficacia causale esclusiva nella produzione dell'evento lesivo.
In pratica la Regione potrà esimersi dall’obbligo di risarcire solo se riuscisse a dimostrare che si sia trattato di una condotta che non era ragionevolmente prevedibile e/o evitabile, nonostante avesse adottato adeguate e diligenti misure di gestione e controllo della fauna.
Compito delle Regioni è infatti quello di tutelare l'incolumità dei privati, oltre che della fauna, contemperando le esigenze dei cittadini con la funzione di protezione dell'ambiente e dell'ecosistema cui la stessa tutela della fauna è diretta.
L’argomento accende posizioni contrapposte, poiché se da un lato gli animali selvatici vanno protetti, dall’altro il loro contenimento avrebbe lo scopo di limitare i pericoli per gli utenti della strada.
Il difficile è proprio effettuare calcoli di “prevedibilità” riguardo alla condotta di animali selvatici, lasciando poi ai Giudici la valutazione della prova del caso fortuito, spesso vicino alla mancanza di colpa.
Consideriamo che si tratta comunque di episodi dovuti in parte alla casualità, che gli Enti possono cercare di arginare e limitare diligentemente i rischi, senza però poter garantire ed escludere con certezza che un cervo o un muflone non decidano di attraversare improvvisamente una strada, per motivi che sfuggono al controllo e non imputabili ad alcuno.
In caso di incidente comunque vale la pena far accertare dalle autorità lo stato dei luoghi e di fatto, fare foto video e raccogliere testimoni, ed attivare la procedura di risarcimento, lasciando poi alla Regione responsabile l’onere di dimostrare l’assenza di colpa.
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