Ha vinto Malabrocca: l’ultimo ha scalato il podio, il ritardatario ha battuto primo secondo e terzo, il più lento si è trasformato nel più veloce, la maglia nera si è impadronito di quella rosa. Ha vinto Malabrocca: e la storia è stata ribaltata, rovesciata, riscritta. Ha vinto Malabrocca: ma a ciclotappo.
E’ stato Tiziano Bordoni a far vincere Malabrocca. Sessant’anni (“Il compleanno nel giorno meno indicato per i festeggiamenti, il 25 dicembre, così da fare un tutt’uno per i regali”), romagnolo di Lugo (“La patria della Società ciclistica Francesco Baracca e del Giro di Romagna: io abbasso la media”), ragioniere sociologo (“La laurea conquistata strada facendo, cioè mentre già lavoravo”), Bordoni ha praticato qualche sport giovanile (“Minibasket, arti marziali… ma senza essere portato fisicamente né agonisticamente”) prontamente abbandonandoli (“Passavo per quello intellettuale”), ma sempre affascinato dalla bici (“Le corse con, anzi, contro gli amici lungo gli argini del canale”) e sempre ispirato dal ciclismo anche per un’eredità familiare (“I miei genitori tenevano a Gimondi, così io, per ribellione, sostenevo Merckx”), insomma Bordoni è sempre stato uno sportivo più da divano che da campo, più da giornali e libri che da palloni e palline (“Però seguivo tutto, avevo una squadra per ogni sport”). E il ciclismo non lo ha mai più abbandonato (“Da Merckx passai a Baronchelli. Risultato: meno soddisfazioni e più sofferenze”), invertendo la rotta (“Fu così che cominciai ad appassionarmi a chi non sempre ce la faceva e a specializzarmi in chi non ce la faceva mai”).
Qualche anno fa la folgorazione. “Seguivo un torneo di carrom, un gioco da tavolo, il biliardo con le dita. Ugo Maestrelli, campione italiano, specialità regolarità, mi rivelò il ciclotappo. Non ne sapevo nulla. La cosa m’incuriosì, approfondii e scoprii un mondo”. Al primo torneo, per una fatale forma di nemesi, gli toccò il tappo di Gimondi. “Finché, consapevole dei miei limiti tecnici, sapendo che non avrei potuto aspirare ad altro che ad abitare i bassifondi delle classifiche, scelsi Luigi Malabrocca. Ma per onestà, per trasparenza, per prudenza, prima chiesi l’autorizzazione a Serena Malabrocca, la nipote della storica maglia nera del Giro d’Italia. Ottenuta la dispensa… papale, cominciai a collezionare, con un certo orgoglio, gli ultimi posti degli ordini di arrivo. Ero veramente il giocatore ideale per rappresentare quello che, ai tempi di Bartali e Coppi, correva per arrivare dopo tutti gli altri. Con la differenza che lui doveva impegnarsi a rallentare e invece a me veniva così naturale”. Finché nel Trofeo Adriatico, allestito per divulgare il ciclotappo, Bordoni/Malabrocca ha vinto una tappa e, grazie agli altri piazzamenti, guadagnare anche la vittoria finale. “Un colpo di scena che mi ha confuso, disorientato, imbarazzato e infine – ma sì – regalato attimi di enorme felicità”.
Intanto Bordoni si è guadagnato la maglia della Fiab di Tortona dedicata a Malabrocca, è diventato uno dei personaggi protagonisti al Festival del ciclista lento a Ferrara, ha avuto addirittura l’onore di articoli e interviste (anche questa). Ma non si è montato la testa: “Mi è successo di vincere, ma difficilmente mi succederà ancora. I fuoriclasse sono di ben altro livello. Come Michele Pardini, il Cannibale del ciclotappo. Quella volta nella Gran Fondo di Asti, Pardini secondo lontanissimo dal primo, con un ultimo spettacolare e straordinario tiro è riuscito a vincere, un po’ come accadde ai Mondiali di Gap nel 1972 quando Basso beffò Bitossi”. Il massimo del capovolgimento di fronte, del testacoda, è stato al recente Festival del ciclista lento quando Bordoni ha conosciuto Gianni Bugno. “E vincendo timidezza e pudore, gli ho regalato un ciclotappo, il tollino della Birra Peroni e, dentro, la sua immagine iridata”. Non ci crederete, ma in quel momento il tenebroso Bugno si è illuminato d’immenso.
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