Caro Direttore, cito testualmente: "...La mondializzazione del ciclismo ha colto impreparato il nostro movimento che non riesce più ad emergere nè nelle grandi corse a tappe nè nelle classiche monumento. ...E non possiamo addossare tutte le colpe al fatto che non abbiamo una squadra World Tour dal 2016..." .
In alcuni casi, le parole sono pietre. Ancora di più se provengono non dai soliti "critici rosiconi" di una dirigenza F.C.I. che , se non ricordo male, nei primi tempi del proprio mandato si proclamava urbi et orbi come la Federazione più vincente della Storia, ma da un attento collaboratore del sito per eccellenza del ciclismo italiano com'è Paolo Broggi.
Certo, parlavano numeri incontestabili. Altrettanto sicuro, a voler essere obiettivi, che i nuovi "padroni del vapore" non avevano fatto altro che raccogliere il lavoro, svolto meticolosamente negli anni precedenti e attribuibile meritoriamente agli atleti/atlete e ai loro tecnici, volgendolo a proprio (e, quel che è peggio, esclusivo e non quanto meno condiviso) merito, quasi che fosse un fantastico colpo di bacchetta magica di chi, pur legittimamente, era assurto al trono Federale.
Sono passati un paio d'anni, non secoli o decenni, e ci si ritrova - lo dice un "osservatore" esperto ed imparziale - con un movimento ciclistico d'Italia che fatica maledettamente a... tenere le ruote nelle competizioni internazionali che contano. Se ci si fa caso, quel non riuscire più ad "emergere", nè nei cosddetti Grandi Giri nè nelle Classiche che valgono una carriera, ha il sapore amarissimo di una resa incondizionata, di una sconfitta ineluttabile.
In tutto questo, e mi si corregga se sbaglio o intendo male, un totale silenzio di coloro che hanno l'onore ma soprattutto l'onere di tutelare proprio quel Movimento che risulta in apnea e in affanno.
Non è, e non era, questo il ciclismo italiano. E non adoperarsi, in parole ma particolarmente in opere, almeno per arginare questa dolorosa rotta di un fronte che appariva incrollabile, è una colpa imperdonabile. Se si vuole, un delitto in pregiudizio di chi, dai giovani che si avvicinano alla disciplina del pedale ai Professionisti che ne fanno la propria ragione di vita, ancora crede e ritiene che il Ciclismo sia bellissimo. Soprattutto il "nostro" Ciclismo.
Cordialmente, Fiorenzo Alessi