Resta sempre lui, lui Gianni Bugno, il testimonial perfetto per un Giro d' Italia, quando arriva a Napoli - o giù di lì - la “corsa rosa“.
Gianni, cosa è per te, che pure sei un brianzolo di Monza ma nato a Brugg, in Svizzera, un arrivo del Giro a Napoli?
«Ti risponderei quasi quasi, visto che sei da sempre un ben informato, che sarebbe il mio giorno di corsa migliore, per uno che come me è nato il 14 febbraio, di San Valentino, anzi, la tappa del cuore...».
Grazie per la questione di feeling, Gianni, ma il Giro e Napoli sono per te davvero un Eden sentimentale, giusto?
«Eh, sì, Napoli, un po' dall'alto, l'ho vista per la prima volta al Giro del 1990, in quello che resta il Giro incredibile mio, l'unico vinto, con la maglia rosa indossata dal primo all'ultimo giorno di corsa, dal prologo di Bari alla cronometro finale di Milano. In rosa un Giro intero, e pensa che prima di me erano riusciti in tale impresa solo Girardengo, Binda e un certo signor Merckx...».
Gianni Bugno, il dorsale '161' della Chateau d'Ax, certo, e il ruolo fatale di Napoli allora?
«Vedi, mi innamorai di Napoli allora, alla terza tappa di quel Giro, la Sala Consilina - Vesuvio, e di quell'affetto corrisposto che mi dedicarono gli appassionati, quel giorno, nel mio inseguimento a Eduardo Chozas lo scalatore spagnolo in fuga, che poteva davvero fregarmi la maglia rosa, e che solo grazie al vostro cuore riuscii invece a controllare... Per venti secondi scarsi restai in rosa, e senza di voi, chissà...Ed allora, credeteci, che Napoli, o suppergiù, ha qualcosa di fatale, quando ama».
Gianni, e Napoli poi non la hai mai più frequentata da ciclista, tu pure due volte iridato, nel '90 e nel '91, nel palmares la 'Sanremo' '90, il 'Fiandre' '94, bruciando Museeuw, due podi al Tour, due successi all'Alpe d'Huez..., Chiappucci come avversario preferito, e Napoli ...
«Napoli, da ciclista professionista, l'ho rivista poco, ma sai la avrei imparata a memoria, lei e il suo cielo, in quello che avrei fatto da 'grande', o da adulto, se vuoi, nel mio ruolo di pilota dell'Elisoccorso, di stanza, lo conosci, al Cardarelli. Sai un ciclista, un campione del mondo, ad alzarsi in viaggio, si sente ancora qualcuno, in volo. E forse pure più di qualcuno. quando vai a soccorrere feriti e malati...».
Ma il ciclismo finiva così?
«Niente affatto, sai, il ciclismo me lo prefiguravo ad ogni traiettoria, volteggiando intorno al Vesuvio, il mio vulcano, intorno alla penisola sorrentina, ad Ischia, sui Campi Flegrei... Ma la destinazione ideale di un traguardo, io che dovevo salire al 'Cardarelli', era sempre questa, questa del Giro che verrà, come ho saputo, e per il terzo anno consecutivo poi, nel 2024. Era la vostra via Caracciolo. Voi, da terra, non sapete cosa è questo lungomare in cielo, volando basso, e in terra, pedalando piano su una bici da corsa, soli e al comando di noi. Si arriva e si parte dal cuore».
da Il Mattino, 13 ottobre 2023