Nessuno ha mai vinto i tre grandi Giri nello stesso anno: ci prova la Jumbo, schierando alla Vuelta i due che hanno già conquistato l’Italia (Roglic) e la Francia (Vingegaard), oltre al gregario che ha aiutato entrambi nell’impresa (Kuss). Percorso classico per la corsa spagnola, tappe brevi (una sola volta oltre i duecento chilometri) e tanta salita (nove arrivi in quota, più tutto quel che si affronterà lungo la strada). Con due traguardi icona per gli scalatori: il Tourmalet e l’Angliru. Si corre nel nord est iberico, partendo per la seconda volta nella storia da Barcellona: la prima, 61 anni fa. Due le crono: quella a squadre di 15 chilometri aprirà la corsa, quella individuale di 26 nella seconda settimana a Valladolid la segnerà. A parte Pogacar, tutti presenti i grandi specialisti delle prove a tappe: la collocazione in calendario ogni anno di più sta alzando la qualità della prova spagnola. Nella ristretta partecipazione italiana (una quindicina i nostri al via), anche Ganna e l’under 23 Milesi, entrambi iridati in Scozia. Ecco le dieci facce che sognano di far festa a Madrid.
Primoz Roglic. Vince perché è la corsa che indossa meglio di tutte, perché tre dei suoi sei podi raccolti nei grandi giri dal 2019 sono vittorie in Spagna, perché fin qui in stagione ha conquistato tutte le quattro gare a tappe disputate. Non vince perché la presenza di Vingegaard inevitabilmente finirà per condizionare il suo cammino.
Jonas Vingegaard. Vince perché nessuno in montagna va forte come lui, perché vuol dimostrare di non esser buono solo per il Tour, perché Roglic si è già rivelato il miglior alleato per fare gioco di squadra. Non vince perché dal Tour in poi non ha più corso e mentalmente potrebbe aver già staccato la spina.
Remco Evenepoel. Vince perché ha dimostrato un anno fa di essere adatto a questa corsa, perché vuol confermarsi vincente anche nelle grandi gare a tappe, perché vuol riscattare un Giro lasciato a metà fra le polemiche. Non vince perché rispetto alla scorsa edizione la concorrenza della Jumbo è di un livello troppo alto.
Alexander Vlasov. Vince perché nell’ultimo mese è stato tra i più brillanti, perché tra gli scalatori è uno di quelli che va più forte, perché a 27 anni dopo tante promesse è anche il caso di cominciare a mantenere. Non vince perché a dispetto di un’ottima squadra quando è ora di mettersi in proprio gli manca sempre qualcosa rispetto ai più forti.
Geraint Thomas. Vince perché ha dalla sua la forza dell’esperienza, perché dopo aver perso un Giro il penultimo giorno ha qualche rivincita da prendersi, perché sulle strade italiane ha dimostrato di non essere ancora al capolinea. Non vince perché per conquistare i grandi giri non basta andar bene, ma bisogna andar benissimo.
Juan Ayuso. Vince perché è un predestinato, perché va fortissimo ovunque e non teme nessuno, perché se a vent’anni finisci terzo nella tua prima Vuelta sei pronto per fare meglio. Non vince perché la sua esuberanza gli fa sprecare energie che in una corsa di tre settimane possono rivelarsi preziose.
Enric Mas. Vince perchè fra gli spagnoli è tra quelli con più carte da giocare in salita, perché dopo tre secondi posti in cinque partecipazioni è pronto per far centro, perché essersi ritirato in avvio di Tour gli ha dato rabbia e freschezza. Non vince perché non corre da due mesi e nelle crono lascia sempre troppo tempo agli avversari.
Eddie Dunbar. Vince perché ha un percorso che gli si adatta, perché comincia ad avere l’esperienza per far bene in un grande giro, perché avere al fianco un emergente come Zana può fare bene anche a lui. Non vince perché è al debutto e i ritmi frenetici della corsa spagnola rischiano di intossicarlo.
Santiago Buitrago. Vince perché è maturo per far classifica in una grande corsa a tappe, perché già al Giro ha lanciato segnali importanti, perché l’esperienza e la serenità di Caruso possono dargli una spinta in più. Non vince perché nella sua fresca carriera i risultati migliori li ha ottenuti uscendo presto di classifica e non puntando a farla.
Romain Gregoire. Vince perchè con il compagno Lenny Martinez è il futuro della Francia, perché è un altro talentone che va forte su strada e fuori strada, perché a vent’anni ha la faccia tosta di chi non vuole perder tempo. Non vince perché un conto è imporsi nelle prove a tappe di pochi giorni, un altro correre da debuttante un grande giro.