Matteo Moschetti viene da Robecco sul Naviglio, tappa ideale per giri in bici lungo il... Grande canale lombardo. Dove un aperitivo sul lungofiume in pavé è una piacevole esperienza estiva da milanesi che vogliono provare il brivido del fuori porta. Chissà se c'è stata un'influenza casalinga sul fatto che il quasi 27enne velocista della Q36.5, nelle prime ore dell'agosto polacco, ha trovato il suo spolvero vicino al fiume Oder in una tappa, la quarta, dove sono stati affrontati pure due settori di pavé.
Non abbiamo avuto l'ardire di porgliela in tal modo la domanda, dopo il terzo posto ieri a Opole: dietro agli olandesi Kooij e Van den Berg, davanti a calibri come Bennett e Merlier. Ci siamo limitati a chiedergli di commentare quello che è il primo podio italiano in questo Giro di Polonia. Queste le sue parole: «Un buon risultato, ma non sono soddisfatto. Su quell'ultima curva ad angolo retto a 500 metri dal traguardo, che è stata un'incognita per tanti di noi, ho frenato quel secondo di troppo perché c'era una pozzanghera all'interno e ho perso qualche posizione; poi ho trovato sulla mia strada Pasqualon che si stava giustamente defilando (il veneto della Bahrain Victorious fa da pesce pilota al giovane sloveno Govekar, ndr) e ciò mi ha rallentato. Alla fine mi son trovato a dover superare Walscheid per prendermi il terzo posto, quando avrei potuto ottenere un risultato ancora migliore. Comunque portiamo a casa un buon piazzamento e ora testa allo sprint finale di dopodomani a Cracovia.»
Dalla dichiarazione di Moschetti e dal mood che abbiamo saggiato successivamente dalle parti della Q36.5, l'aria che tira è quella della possibile vittoria mancata e della consapevolezza di potersela giocare con alcuni dei migliori. Parliamo, del resto, di un ragazzo che si avvicina alla massima maturità sportiva e che a inizio stagione ha timbrato il cartellino ad Almeria davanti a De Lie e Meeus: ok, l'atteggiamento è giusto.