Alla vigilia della grande partenza del Giro aveva agitato le acque al punto che si cominciava a mettere in dubbio la disputa della ventesima tappa della corsa rosa, quella odierna per intenderci.
Poi Evenepoel è uscito di scena e le polemiche sulla cronoscalata di Monte Lussari si sono calmate, ma Patrick Lefevere non rinuncia a far sapere la sua opinione.
Nella sua settimanale rubrica su Het Nieuwsblad, il general manager della Soudal Quick Step, non lesina le sue accuse: «Una cronometro oggi decide il Giro, anche se possiamo anche chiamarlo una corsa da circo. Non soppeserò le mie parole: sono contrario al trecento per cento. Non capisco il fascino di cercare ad ogni costo quelle percentuali estreme in salita. Questo Giro ne ha dato la prova: più la montagna è ripida, più spesso partorisce un topolino».
Accuse ci sono anche per il CPA, il sindacato dei corridori: «Nella tappa di Crans Montana, il gruppo voleva un accorciamento della tappa e l'ha ottenuto. Ma non capisco perché abbiano accettato di correre la cronometro di oggi. Ilan Van Wilder monterà un 36×34, ma questa è mountain bike, non corse su strada. Penso che dovremmo stabilire i confini delle varie discipline in modo più rigoroso».
La conclusione è spietata: «Negli ultimi dieci chilometri decisivi c'è un meccanico in moto dietro al corridore, con una bicicletta in spalla. Sono questi gli standard professionali che vuol diffondere come sport ciclistico? Penso che sia una farsa».